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Nonna 1, masterchef 0

Da Alberto Murru @Albob_Mu

6851542266_05e41325f9Non poteva che provenire da quella casa. Quell’aroma era un qualcosa di esplosivo, i sapori viaggiavano lenti lungo le vie nasali e poi andavano ad occupare tutti i sensi, fino a farmi rabbrividire. Passando per il portale non potevo che essere certo, quegli odori provenivano da quella piccola porticina. Chissà da dove erano riusciti a passare, persuadendo i muri, trapassando tutto ciò che è materia piena, alla ricerca di stomaci brontolanti.

Aprii la porta pianissimo, cercai in tutti i modi di non far sentire neppure uno scricchiolio dei cardini, la richiusi sollevandola, essendo il più cauto possibile. Nonna stava la, osservava quel pentolino e ogni tanto mescolava, poi si sedeva, chinava la testa e dopo qualche secondo era di nuovo in piedi a dare una mescolata, una sola mescolata. Ero sicuro che stava lì davanti da ore, come a preparare un cibo divino, chissà quali spezie, quali ingredienti aveva fatto portare dalle Indie e dall’Africa, chissà in quanti mercati era dovuta passare per trovare quella roba, quel concentrato di sapore e vita. In silenzio, a contemplare poche mescolate, a lasciare che pomodoro, basilico olio e sale trovassero il giusto equilibrio in pentola; lei là davanti, come a riconoscere l’espressione di un amico, spegnere il fuoco quando il colore era quello giusto, il fumo quello giusto. Intorno tutto taceva, l’orologio teneva il tempo, perfino le bolle del pentolino lo seguivano; qualche mosca tentava di rompere il silenzio con un ronzio fastidioso, forse inebriata da quell’orgasmo di odori, drasticamente veniva rimandata al creatore, troppo invadente la sua presenza, destabilizzante il suo fluire nell’aria.

La spiavo da tempo, da tempo la osservavo fin dal principio. Qualche volta mi ero dovuto trattenere dalla notte per poterla spiare mentre alle sei del mattino iniziava a far cuocere qualcosa, sembrava acqua, ma forse non era acqua, da li usciva materia divina, non poteva che essere qualche infuso, o forse era solo acqua. Eppure dopo anni forse avevo capito che cosa ci metteva li dentro, lo avevo capito proprio quella mattina in cui avevo seguito i sapori fino a ritrovarli dentro la sua cucina. Avevo capito che il primo ingrediente era il silenzio, il silenzio e la calma, la libertà di poter fare tutto senza dover proferire parola, a mettere in pentola chissà quale ricordo, a ridare vita a chissà quale emozione vissuta in quella cucina. E così via, acqua, ricordi, sale, pomodoro, olio e basilico, tutto ad avvolgere spaghetti fatti su misura, spaghetti di una rotondità introvabile, cotti con la giusta morbidezza.

A chiudere una scusa, perché per lei, quel piatto, non era mai abbastanza. Forse in quelle parole solo il bisogno di un complimento.


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