La caricatura l’ho presa dall’ultimo “Venerdì” di Repubblica. Le tre signore svizzere – ci informa l’articolo di Tommaso Basevi – rappresentano il Movimento delle Nonne Ribelli. Le quali sono sì disponibili a “spendersi” tra nipoti, figli e mariti ( spesso mentre ancora lavorano ), ma in cambio “chiedono un riconoscimento da parte della società e dello Stato, che senza di loro avrebbero già alzato bandiera bianca”.
Le loro rivendicazioni sono contenute nel Grossmuetter Manifest: “più fondi pubblici per le anziane che vivono sole e in povertà, servizi sanitari calmeriati (…), bonus per le nonne che assistono congiunti malati e svolgono regolare attività di babysitting, più posti negli asili nido”.
Siamo in tempi di crisi. Essa tuttavia -sostengono le nonne svizzere - rappresenta anche un’opportunità per riflettere e riaprire il discorso sul “welfare familiare, che non è riconosciuto nè retribuito, sebbene sia uno dei pilastri della nostra economia”. A maggior ragione lo è da noi, superfluo il dirlo, assai meno ricchi!
“Senza di noi – dichiara Heidi Witzig – le nostre figlie non potrebbero lavorare (…). La discriminazione tra i sessi avviene quando le ragazze si affacciano nel mondo del lavoro. Oppure quando arriva la vecchiaia”. Infatti nelle città ci sono molte donne sole e povere, perché spesso i mariti muoiono prima: “Immagini quanti soldi facciamo risparmiare ogni anno allo Stato facendo l’infermiera e accudendo il coniuge”.
Sono i nipoti (l’avrei giurato) a dare il maggior sostegno alla battaglia di queste nonne! Le quali hanno persino due rock band: le Creme brulé e le Mammutz. Chissà se l’esempio svizzero sta prendendo piede nel nostro paese. Faccio una ricerca: vorrei tanto partecipare…
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