E' domenica
mattina, una domenica come tante, la sveglia è clemente e suona un po' più
tardi, c'è tempo per tante coccole sul lettone e per una colazione che può
chiamarsi tale. Lentamente ci vestiamo, una tuta comoda e calda è quel che ci
vuole e poi via in macchina. La strada sale, s’inerpica su un dolce pendio,
pieno di colori e lieti rumori, di una campagna ferma nel tempo. Incontriamo la
casa del fattore, rifornimento di uova fresche e prodotti dell'orto e saliamo
ancor più su, fino in cima alla collina. Un cancello bianco e una casa che si
affaccia su un bellissimo panorama. Fermiamo l'auto e scendiamo. Un piccolo
trattore verde è fermo in mezzo al prato, agganciato un piccolo rimorchio che
contiene tutti i tesori di un bosco. Laggiù, in fondo alla valle, e semi
nascosto da alberi di ulivo, un cappello a tesa larga che si muove lento ma
deciso. Sbuca dal cespuglio più fitto e si dirige con passo spedito verso di
noi. La sua piccola manina, stretta nella mia, allenta la presa, sempre più
fino a sciogliersi del tutto, i suoi passetti piccoli ma veloci, diventano una
corsa sfrenata e impaziente. Il cappello si accuccia, è oramai molto vicino, ha
allargato le braccia e rimanda uno dei più bei sorrisi. La distanza che manca è
annullata e sono uno nelle braccia dell'altro, un nonno e il suo adorato
nipote. Due generazioni così lontane ma al tempo stesso così vicine, due
storie, una seguito dell'altra, due cuori e un unico amore. Forte,
indissolubile, meraviglioso e incondizionato. Il cielo fa da cornice a un
bellissimo quadro...
E' lunedì pomeriggio, un lunedì come tanti. Siamo di ritorno dell'asilo,
ma la mia giornata lavorativa è ancora lunga. Giusto il tempo di una piccola
"capatina" a casa e poi via in macchina. Prendiamo la statale. Il
traffico a quest’ora è sempre intenso ma per fortuna il tragitto è breve,
quindici minuti al massimo. Canticchiamo un po', e ci raccontiamo storie.
All'inizio del paese, la strada, che vira verso sinistra, passa sotto la
ferrovia, e quando siamo fortunati, riusciamo anche a veder passare il treno
regionale. Parcheggiamo subito dopo un piccolo ponte, il guaire dei cani, annuncia
il nostro arrivo ed è il segnale che siamo stati riconosciuti. Scendiamo e
dalla finestra del primo piano si affaccia lei, l'Ipernonna, un metro e mezzo
di energia, su un caschetto biondo, sempre ben pettinato. La porta sul cortile
è già aperta e lui corre su per le due file di scale di marmo bianco, entra
impaziente e fa una specie di gridolino. Lei lo prende, lo stringe e lo
sbaciucchia, come se non lo vedesse da chissà quanto tempo. Poi la merenda e
infine la stanza dei divertimenti, allestita appositamente per lui e per gli
altri nipoti. Alle pareti tutte le loro foto, e sparsi per la casa giochi di
ogni tipo. Un bacio veloce, qualche raccomandazione di rito, e corro di nuovo
al lavoro. Tornerò qui stasera tardi. Lui avrà cenato, e con ogni probabilità,
avrà anche fatto il bagno. Pulito, profumato e a stomaco pieno ce ne torniamo
verso casa. Sarà così per tutta la settimana. La statale è praticamente
deserta, l’asfalto lucido dall’aria della sera, preannuncia una notte piuttosto
fredda. La foschia è spezzata qua e la solo da qualche faro in ritardo come
noi, cammino piano e penso a noi, alla nostra vita, così frenetica e
ingarbugliata, ai ritmi che spesso non lasciano spazio a nient’altro e a questi
due nonni, così diversi e così speciali. Unici ognuno a modo loro, ma entrambi
indispensabili. Con questo post partecipo all’iniziativa di Il bambino di Donna Moderna Blog Thank





