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Nono, Schubert e Shostakovich, dirige Juraj Valcuha (Bologna 30-01-2015)

Creato il 02 febbraio 2015 da Maxscorda @MaxScorda

2 febbraio 2015 Lascia un commento

Nono, Schubert e Shostakovich, dirige Juraj Valcuha
Serata a teatro, ogni tanto ce n’e’ bisogno. Serata anche complessa nella programmazione e negli intenti, filologicamente nemmeno troppo organizzata, innesti in un ambito non troppo chiaro o almeno all’interno di una logica comprensibile solo in parte.
La scaletta prevedeva Nono, Schubert e Shostakovich, inseriti oltretutto nel contesto di "Resistenza illuminata" serie di eventi atti a celebrare l’artista veneziano a 25 anni dalla scomparsa e la commemorazione dei 70 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale.
Il legame e’ blando, forzato addirittura. Non penso che l’impegno politico di Nono giustifichi la comunanza dei due eventi e se Shostakovich con la Sinfonia n.8 celebra il dramma della guerra, fu scritto praticamente sul campo nel 1943, non c’e’ altro senso condiviso.
Dirige Juraj Valcuha, trentenne slovacco, gia’ direttore dell’Orchestra sinfonica Nazionale della Rai, entusiasta e dal piglio vivace, giusto compromesso tra la leggiadria di Schubert e la tragedia del russo.
Si inizia con Nono e "A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili", opera del 1984 che il compositore dedico’ alla memoria dell’amico, alla vita e alla sua opera, attraverso l’uso dei microtoni e di cluster potenti a definire uno spazio sonoro inscritto in regole ben precise ma nella continua ricerca di nuove soluzioni, con la forza di maestri e modelli come Le Corbusier e  Frank Lloyd Wright, replicati in musica.
Segue Schubert con la Sinfonia n. 3 in re maggiore, opera giovanile che il grande compositore austriaco scrisse ad appena diciotto anni, forti influssi mozartiani e diretta da Valcuha con gaio entusiasmo e ormonale energia.
Infine Shostakovich e come detto con la Sinfonia n.8, sublime e terribile, la forza della vittoria che non dimentica il sacrificio per ottenerla, sublime requiem del primo movimento sino all’incredibile ostinato del quarto, carattere musicale che richiede grande capacita’ interpretativa e direzione impeccabile.
Fredda accoglienza per Nono ma il siparietto iniziale con la performance del collettivo Xing che voleva omaggiare il compositore non ha aiutato. Grande la contestazione del pubblico e qualcuno forse dimentica il lavoro di Nono su un certo tipo di teatro, rifiutando percio’ uno, si rifiuta anche l’altro e decretando il fallimento dell’uno, si condannano entrambi. Tutto molto ironico comunque. Ho trovato che Schubert fosse nelle corde del direttore per quanto la Sinfonia n. 3 non sia propriamente memorabile. Molto entusiasmo per Shostakovich ma il merito e’ da attribuirsi piu’ al grande compositore che al complesso dell’esecuzione, forse non abbastanza potente seppur coi giusti accenti drammatici. Nell’acustica del Teatro Manzoni un possibile problema alla mancanza di incisivita’.
Suoni troppo assorbiti dalla struttura fin troppo efficiente nel bloccare i riverberi, ottima per il clangore dei Neubauten ascoltati qualche mese fa, ma penalizzante sui pianissimo di Shostakovich o le intensita’ smorzate di Nono.
Nel complesso comunque ha funzionato tutto, persino il viaggio nel tempo quando il teatro era campo di battaglia ideologico,


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