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Noriko no shokutaku (紀子の食卓, Noriko’s DinnerTable). Regia: Sono Sion; soggetto: dal romanzo di Sono Sion; sceneggiatura: Sono Sion; fotografia: Tanikawa Sōhei; musica: Hasegawa Tomoki; effetti speciali: Nishimura Yoshihiro; interpreti: Fukiishi Kazue, Tsugumi, Mitsuishi Ken, Yoshitaka Yuriko; durata: 159'; uscita nelle sale giapponesi: 23 settembre 2006.PIA: Commenti: 3,5/5 All'uscita delle sale: 72/100Link: Sito ufficiale - Tom Mes (Midnight's Eye) - M. Douglas (iSugoi)Punteggio ★★★★
Questo non èpropriamente un film horror, non è neppure esattamente il sequel di Jisatsu saakuru (Suicide Circle), film precedente sempre di Sono Sion, del2002. E’un film maturo e intenso, al quale si partecipa un po’ come ad una sedutapsicanalitica, horror a tratti e disperato quanto basta, la cui vicenda simuove “attorno” - prima, durante e dopo - a quella del suicidio di massaraccontato in Jisatsu saakuruNoriko(Fukiishi Kazue) ha diciassette anni e vive con i genitori e la sorella Yuka(Yoshitaka Yuriko) a Tokoyama. E’ insoddisfatta della propria vita, vorrebbeandare a studiare a Tokyo, ma il padre (Mitsuishi Ken) non ne vuole sapere. Inrete Noriko conosce Kumiko (Tsugumi), la leader di un gruppo di adolescenti cheusa il nick name di Ueno Station 54, dal numero dell’armadietto della stazionedei treni nel quale è stata abbandonata neonata dalla madre. Noriko decide diraggiungere l’amica e, approfittando di una notte di black out, fugge da casa eraggiunge Tokyo. Qui adotta il nome di Mitsuko e viene introdotta da Kumikonella sua bizzarra organizzazione che si occupa di “famiglie in affitto”, valea dire di procurare finti parenti a persone che, per motivi diversi, lorichiedano. Anche Yuka fuggirà da casa per raggiungere Tokyo ed entrerà nellastessa organizzazione della sorella. Nel frattempo il padre continuerà acercarle finendo per mettersi in contatto con la stessa Kumiko e, con l’aiutodi un amico, riuscirà ad “affittare” le proprie figlie per una drammaticaserata/resa dei conti. Si è detto che Noriko’s Dinner Table rappresenta laseconda parte, dopo Jisatsu saakuru,di una trilogia sul suicidio, ispirata al romanzo scritto dallo stesso registanel 2002, Jisatsu saakuru: kanzenban (SuicideCircle: The Complete Edition)., In effetti alcuni importantielementi (la sequenza del suicidio collettivo in metropolitana, il sitohaikyo.com) sono traslati dall’altro film e ne creano un collegamento forte,facendo pensare a parti di un’opera complessiva; ma è anche evidente che ilfilm potrebbe farne a meno senza per questo apparire meno convincente.Il punto è infatti quellodella ricerca di un’identità in un mondo alienato e pervaso da istinti dimorte, più in particolare del senso da attribuire ad un nucleo come quellofamiliare, nel quale prendono vita scontri drammatici di ruoli. In molti filmdi Sono Sion il tema della famiglia e dei conflitti in seno alla stessa èpresente: Ai no mukidashi (Love Exposure, 2008), Chanto tsutaeru (Be sure to share, 2009),Tsumetai nettaigyo (Cold Fish, 2010) per esempio. Il tema è frequentemente affrontato anche dadiversi altri registi giapponesi, ad esempio da Morita Yoshimitsu in Kazoku game (Family Game, 1983), da Ishii Sogo in Crazy family (1984), da Miike Takashi inVisitor Q (2001), più di recente dalgiovanissimo Yoshida Koki nel suo KazokuX (Family X, 2010). In Noriko’s Dinner Tableil tema dominante è chiaro fin dall’inizio: la cena in famiglia di apertura faintendere che il germe dell’incomunicabilità e del conflitto ha trovatol’habitat ideale per svilupparsi e l’unica soluzione è la ribellione, in formadi fuga (quella di Noriko, la quale, per inciso, fugge da Tokoyama, cittànatale del regista) ovvero di suicidio o, ancora, di perversione e violenza(come in Tsumetai nettaigyo). E, come in Tsumetai nettaigyo, le due sequenze di cena infamiglia formano un’ideale “cornice” al film stesso. La prima è quelladell’inizio in cui la famiglia di Noriko è a Tokoyama e la ragazza discute conil padre in merito alla sua volontà di continuare gli studi a Tokyo, decisioneche il padre non condivide; la seconda è quella della resa dei conti, nelfinale, dopo che il padre si sarà rivelato (uscendo da un armadio nel quale siera nascosto) alle due figlie “affittate” per l’occasione dall’amico. Sipotrebbe anche pensare, estendendo il concetto di questa “delimitazione” checoncentra l’attenzione sul tema, alla volontà di rappresentare la famiglia comeuna gabbia, o come un ring. Anche la struttura narrativa èperfettamente coerente con l’opera. Così come nel romanzo, il film si suddividein capitoli, tre dei quali sono intitolati ai personaggi principali (Noriko,Yuka e Kumiko), oltre ad uno conclusivo. I capitoli, che dovrebbero suddividerela vicenda secondo i diversi punti di vista dei personaggi, in sostanzariescono ad avere un discreto effetto frastornante sullo spettatore (come sidiceva, è un po’ una seduta psicanalitica…). E’ sempre presente la voice over del personaggio che raccontae questo elemento, insieme ai tanti dialoghi, conferisce un effetto di notevoledensità verbale a certe sequenze. In conclusione, sembra dirciSono, nel gioco al massacro dei ruoli e dei sentimenti non c’è speranza, se nonquella della rappresentazione teatrale delle emozioni che ci permettono divivere; ovvero della nascita di una nuova/rinnovata identità dal profondodolore e dal vuoto. [Claudia Bertolè]
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