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E’ solo recentemente che il fenomeno sportivo è stato preso in considerazione dall’ordinamento giuridico italiano, proprio perchè ultimamente quest’ambito sta producendo una serie innumerevole di controversie, dove non sempre per l’avvocato è facile districarsi. Nasce quindi la necessità di stabilire dello regole nello sport.
Specialmente nel campo dei diritti del lavoro, del diritto al risarcimento del danno, del diritto alla salute (per citare solo alcuni ambiti maggiormente esposti) si avverte la necessità di un aggiornamento professionale continuo che orienti l’avvocato verso una comprensione totale del fenomeno sportivo per meglio difendere gli interessi dei cittadini.
Può essere utile al riguardo ricordare sempre la preminenza regolatrice della fonte primaria del diritto quale è la Costituzione italiana.
Lo sport, infatti, pur non essendo direttamente regolato dalla Carta del 1948 (alcuni studiosi giustificano ciò con la volontà dell’Assemblea Costituente di ripudiare la visione dello sport così come idealizzata dal fascismo come “strumento per una gioventù o addirittura per una razza migliore”), trova una ampia e diffusa tutela indiretta – ma per questo non meno efficace – con riferimento principale ai canoni di libertà e dignità dell’individuo (art. 2 cost.) nonché al tipo di organizzazione sportiva maggiormente idonea alla realizzazione della persona umana.
Al di là, infatti, dell’unico richiamo costituzionale previsto dall’art. 117 in materia di legislazione concorrente tra Stato e regioni per quanto attiene l’ordinamento sportivo, è necessario individuare – per un miglior orientamento dell’operatore difensivo – le norme della Costituzione che garantiscono alla base i diritti nascenti dalle dinamiche patologiche del fenomeno sport.
Ed allora l’art. 2 della cost. si pone come clausola aperta a tutte le istanze di libertà del singolo o delle formazioni sociali “ove si svolge la sua personalità”, determinando un diritto al soddisfacimento di bisogni culturali, ricreativi da realizzarsi negli ambiti più diversi (scuola, lavoro, famiglia) con la conseguenza che, ad esempio, si potrebbe ottenere un risarcimento qualora la scuola non effettuasse una “vera educazione sportiva per mancanza di locali idonei”; oppure la stretta connessione tra pratica sportiva e tutela della salute (art. 32 cost.) determina l’osservanza di rigide norme sanitarie (certificazioni mediche adeguate) o di sicurezza nello svolgimento dell’attività (agibilità degli impianti, pericoli occulti e imprevisti etc) il tutto conseguenza di una diffusione, spesso poco controllata, dei centri sportivi territoriali.
Non meno importante il fenomeno del “doping” diffusosi ultimamente e pericolosamente tra i dilettanti che deve trovare nell’art. 32 cost. una norma di sbarramento programmatica assolutamente invalicabile; l’avvocato può e deve prestare la sua opera di professionista del diritto consigliando preventivamente ai suoi clienti (ma direi in ogni ambito sociale e in ogni momento della sua cittadinanza attiva) di prestare la massima attenzione verso quelle scorciatoie alimentari spesso suggerite dai “nuovi esperti” dell’alimentazione sportiva.
Lo stesso diritto dei tesserati delle federazioni sportive nazionali ad avere un “giusto processo (sportivo)”è tutelato costituzionalmente
nell’art. 25 cost. ed il suo rigoroso principio di legalità; sempre più spesso l’avvocato è chiamato a difendere un tesserato in processi sportivi (avviati anche in federazioni c.d. minori) senza il rispetto delle garanzie del contraddittorio e della difesa.
Insomma – fermandoci a questa analisi assolutamente non esaustiva del tema oggetto dell’articolo – il richiamo alle garanzie costituzionali può essere la via per una migliore difesa dei diritti dei cittadini-sportivi (professionisti e non) che trovi nelle aule dei tribunali ordinari o sportivi la giusta attuazione, rendendo all’avvocato la sua funzione principale di tribuno costituzionale dei diritti.
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