di Claudia Boddi
Violenza (intra e extra familiare), tossicodipendenze, alcolismo, atteggiamenti sessuali marcati, vita sregolata, senza fissa dimora – e molte altre ancora – sono classificate come condotte devianti. Comportamenti che si allontanano dalle norme sociali che ordinano il vivere comune, in un’accezione generalizzata che produce risultati inaccettabili per la comunità di riferimento.
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Per parlare di devianza non è necessario prendere in considerazione casi rari o drammatici che fanno scalpore e che colpiscono le coscienze collettive o riferirsi alla diversità esotica di minoranze culturali che popolano il nostro paese e che, alla luce della posizione che occupano nella struttura sociale, rappresenterebbero gli esempi più adatti per un’analisi distorta. Così come non sarebbe possibile limitare la disamina a coloro che hanno un’anomalia che disturba quasi tutte le situazioni associative in cui vengono a trovarsi, costringendoli a formare la concezione che hanno di sé in modo prevalentemente reattivo, per trattare correttamente l’argomento. Ogni individuo ha manchevolezze o pecche nascoste che possono essere suscitate dalle più diverse occasioni di vita associata e creare una frattura tra l’identità sociale e quella personale. Ciò implica che non si debba guardare al diverso per capire la nostra diversità, ma all’ordinario.
Dal momento che le norme trovano convalida unicamente nel fatto di essere patrimonio pubblico, risulta condizione inequivocabile della vita complessiva che tutti quelli che vi partecipano, condividano le stesse attese normative. La capacità o l’incapacità di conservare queste regole esercita un effetto immediato sull’integrità dell’individuo. Anche quando si tratta di attese largamente accettate, la loro molteplicità può essere squalificante per molte persone. Nota in sociologia, la riflessione (provocatoria) di Goffman sul tipo di uomo che in America non ha mai motivi per arrossire: è il giovane, sposato, bianco, abitante nei centri urbani e proveniente dagli Stati del Nord, eterosessuale, protestante, padre, con un’istruzione universitaria, un buon impiego, una bella carnagione, giusto peso e altezza e dedito a vari sport. Fino a pochi anni fa, questa era la prospettiva attraverso la quale gli uomini americani avevano la tendenza a guardare il mondo perché essa costituiva la misura in cui si poteva parlare di un sistema comune di valori negli Stati Uniti.
L’altra faccia della medaglia, che non può non essere osservata, è che le norme sociali e dell’identità alimentano le deviazioni nello stesso modo in cui alimentano il conformismo. Attraverso alcuni processi specifici collettivi e individuali – nel merito dei quali qui non scendiamo – la base normativa comune può essere mantenuta al di là del circolo di coloro i quali la realizzano compiutamente. La funzione sociale delle regole risulta quindi quella di controllo strategico sull’immagine di sé di ogni cittadino, su quello che essa produce e su come questo è proiettato sugli altri.
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