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Norwegian Wood (Murakami)

Creato il 13 settembre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Continua con Norwegian Wood il mio percorso alla scoperta dei romanzi di Haruki Murakami, autore che ho scoperto quasi per caso l'anno scorso e che mi ha colpita sebbene i suoi testi siano totalmente l'opposto dei miei gusti letterari. Mi si potrebbe far notare che è strano che dica di gradire la lettura di un autore che non presenta caratteristiche compatibili con quanto apprezzo di norma, oppure che avrei dovuto specificare che credevo che i suoi testi fossero totalmente l'opposto dei miei gusti letterari, usando il tempo passato.
Invece non è così: parola per parola, pagina per pagina, quello che si trova nei romanzi dell'autore giapponese è davvero agli antipodi di quanto ricerco in un libro. La magia del mio rapporto con i romanzi di Murakami, che, almeno finora, è un'alchemia riuscita, sta proprio in questo: le sue storie e il suo modo di raccontare mi rendono congeniale quello che non non lo sarebbe in altri contesti e in altre pagine. Molto strano, lo ammetto, ma, per capire meglio cosa intendo, vi rimando alle recensioni di Nel segno della pecora e Dance dance dance.
Norwegian Wood (Murakami)
Norwegian Wood (Noruwei no mori), va detto subito, è un libro molto diverso dai precedenti testi di Murakami che ho avuto modo di leggere: non vi trovano spazio la fantasia, l'onirismo e il surrealismo che costituiscono i tratti distintivi dell'autore, per cui manca quell'affascinante e sorprendente dialogo fra la banalità della vita quotidiana e il meraviglioso che creava in altre storie un'atmosfera originale e perfettamente integrata.
Stavolta i nostri occhi di lettori incrociano la vicenda di Toru Watanabe, che, durante un viaggio in aereo, ascoltando la canzone Norwegian Wood dei Beatles, ritorna con la memoria ai suoi vent'anni, durante i quali quello stesso brano era una presenza costante. Seguendo il filo dei ricordi, risaliamo al periodo compreso fra il 1968 e il 1969, gli anni delle contestazioni studentesche (in Europa come nel Giappone in cui la storia è ambientata), durante i quali Toru frequenta senza alcun entusiasmo gli studi universitari, dividendo la propria vita fra lavoretti part-time, ristoranti e bar e rapporti sessuali occasionali con ragazze sconosciute al seguito dell'amico Nagasawa. In questa esistenza monotona e, come per tanti personaggi di Murakami, apparentemente finalizzata solo ad arrivare alla giornata seguente, gli unici sprazzi di autentica affettività sono l'incontro fortuito con Naoko, le comunicazioni a distanza con lei dopo la sua reclusione in una comunità di sostegno psichiatrico e il rapporto di amicizia con Midori, che solo la coscienza dell'esistenza di Naoko e del legame che Toru ha con lei impediscono si trasformi in una relazione sentimentale.

Norwegian Wood (Murakami)

La locandina del film tratto dal libro


Questo romanzo mi è certamente piaciuto, ma l'ho trovato più ridondante e meno ammaliante di quelli letti in precedenza; mi sono spesso domandata se la continua insistenza su aspetti sessuali fosse davvero necessaria a delineare la vicenda di Toru e degli altri personaggi o se non ecceda in alcuni punti alla morbosità, ma, nel complesso, questo tratto, che mi è sembrato poco gradevole, non intacca l'idea che mi sono fatta del testo, che è buona, anche se inferiore a quella dei romanzi surreali. Anche nelle pagine di Norwegian Wood si incontra la nota più tipica di Murakami, il suo sorprendente talento nel far sembrare degna di narrazione anche la quotidianità: vien da pensare, seguendo i gesti di Toru, che anche i nostri pranzi e le nostre passeggiate in città siano degne dell'attenzione dell'autore, eppure l'effetto non è prosastico, tutt'altro.
Pur accordando nettamente la mia preferenza al Murakami fantastico, sono soddisfatta di questo incontro con un romanzo realistico, duro «bello, delicato, malinconico e compatto» (come lo definisce l'autore), scritto fra la Grecia e Roma, pubblicato come Tokyo Blues nella prima edizione italiana, ma originariamente intitolato Il giardino sotto la pioggia (Ame no naka no niwa), dal titolo di una sonata di Debussy e dall'ispirazione di un pomeriggio romano di pioggia.
Norwegian Wood è definito 'romanzo di formazione', e a questa etichetta corrisponde l'effettiva maturazione di Toru, eppure non mi sento di condividerla totalmente. La vicenda, infatti, non porta il protagonista ad una vera e propria maturazione, ma ne pone i saldi presupposti: Toru si avvicina ad essere uomo (un mutamento che avverte lui stesso nelle ultime pagine) grazie alla ricerca di un lavoro e di una sistemazione autonoma fuori dal collegio e ai cambiamenti contigui e incontrollabili delle esistenze di Naoko e Midori, ma il finale rimane aperto, non abbiamo la prova di un cambiamento, ma la convinzione che, dopo la telefonata che chiude il romanzo e che non sarebbe avvenuta senza ogni singolo avvenimento precedente, qualcosa debba essere necessariamente diverso da prima. Se una formazione avviene, essa si conclude solo nello spazio a noi ignoto fra quella conversazione telefonica e il volo verso Amburgo durante il quale prende avvio la narrazione.

C.M.

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