Nosiglia: i giovani mettano pepe nella società

Creato il 19 febbraio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

L’Arcivescovo Nosiglia per i giovani

Retrò Online ha avuto il piacere di intervistare Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino. Nella splendida cornice del palazzo dell’Arcidiocesi, abbiamo parlato del bicentenario di Don Bosco, della Sindone, della visita di papa Francesco, dei giovani e.. dell’informazione digitale.

Monsignor Nosiglia, partiamo con una domanda sul bicentenario di don Bosco. Quali sono le sinergie che si sono create fra la diocesi di Torino e le istituzioni salesiane? Qual è il ruolo concreto dei giovani nell’allestimento?

La celebrazione dei duecento anni della nascita di don Bosco è stata un’occasione feconda per intensificare il dialogo, la collaborazione e l’intesa fra la pastorale giovanile diocesana e il movimento salesiano. Questa sinergia è iniziata lo scorso anno con l’accoglienza dell’urna di san Giovanni Bosco a Torino. Ci sono stati tanti eventi preparatori a questo momento, e poi il giorno stesso della visita ci sono stati momenti belli alla Cattedrale e a Santa Maria Ausiliatrice, tutti organizzati direttamente dai giovani. La novità più rilevante di questa collaborazione è che sono nati dei gruppi di giovani che in prima persona si sono proposti per favorire presso le comunità cristiane e civili l’incontro con il carisma di don Bosco, grande educatore, maestro e amico dei giovani. Anche la sera del 31 ottobre scorso, durante la notte dei Santi, si è promosso un evento organizzato insieme all’interno dell’Eremo del Silenzio, il carcere minorile ormai dismesso, lì dove è nato il primo oratorio di don Bosco. Mille giovani hanno visitato le celle, hanno osservato le scritte e le condizioni di vita dei carcerati. Adesso stiamo organizzando d’intesa una serie di catechesi specifiche sulla'”Amore più grande” e sulla fede di don Bosco con i giovani, attraverso degli incontri settimanali che si tengono a Maria Ausiliatrice, il venerdì sera. Ci saranno week-end in cui ospiteremo 7.000/8.000 giovani che vengono per don Bosco e per la Sindone, saranno accolti nei nostri oratori e poi accompagnati in un clima di preghiera e fraternità. Sono state organizzate per questo scopo diverse notti bianche dalla pastorale giovanile e dal movimento salesiano.

La visita di papa Francesco a Torino sarà un momento cruciale per la diocesi e per la città. Monsignor Nosiglia, come si sta preparando la comunità per accogliere il pontefice?

Abbiamo intenzione di promuovere una tre giorni sullo stile della GMG (Giornata Mondiale della Gioventù), da venerdì 19 giugno a domenica 21. Il primo giorno sarà dedicato all’ostensione della Sindone, con visita, preghiera e approfondimento catechetico sul tema. Il secondo giorno sarà dedicato a don Bosco, con la visita a Valdocco e ai luoghi del Santo. Sabato sera ci sarà una grande veglia di preghiera e di fraternità in preparazione alla venuta di papa Francesco. Domenica il pontefice visiterà Valdocco, poi ci sarà l’incontro in piazza Vittorio con tutti i giovani della diocesi di Torino, del Piemonte e di gran parte dell’Italia.

Un momento dell’intervista con l’Arcivescovo Cesare Nosiglia. Photocredit: Jacopo Maria Vassallo

Monsignor Nosiglia, la Chiesa di Torino ha molto cari i temi della solidarietà, anche in ragione della sua storia: don Bosco, Pier Giorgio Frassati, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, san Giuseppe Cafasso… Quanto la Chiesa di Torino assomiglia e cerca di assomigliare alla Chiesa voluta da papa Francesco?

Io credo che proprio questa radice dei santi sociali, come vengono chiamati da noi, abbia dato un’impronta non solo alla Chiesa di Torino ma anche alla società torinese, con uno stretto legame fra l’annuncio della Parola e l’impegno verso i poveri, verso gli ultimi. Questo tessuto di valori fondamentali è tuttora molto vivo, non solo per gli adulti ma anche per il mondo giovanile. C’è un grosso impegno verso le persone più in difficoltà: penso ai rom, ai senza dimora, agli immigrati, ai rifugiati. Penso anche all’iniziativa in atto a San Salvario con i giovani dell’oratorio, che alla sera escono fuori dalla chiesa (che resta aperta) e incontrano i ragazzi della movida. Anche io una volta sono andato con loro. Ci sono delle povertà interiori e spirituali che nel mondo giovanile sono delle ferite grandi su cui occorre lavorare. La Chiesa di Torino accoglie il Papa con grande determinazione, per confermare quello che in qualche misura si sta già facendo. Siamo certi che il messaggio e gli inviti che papa Francesco darà attraverso i suoi discorsi e i suoi gesti offriranno uno stimolo ancora maggiore per vivere da missionari nella città. C’è il rischio di chiudersi in se stessi, di guardare al proprio orticello, abbiamo paura di essere cristiani controcorrente: questa situazione merita una scossa. Sono sicuro che papa Francesco la darà, ma troverà anche terreno fertile qui a Torino.

Monsignor Nosiglia, lei ha coltivato un rapporto particolare con i giovani di Torino: dagli incontri durante la movida al campo estivo di Les-Combes, che ha tracciato le linee guida della pastorale giovanile dei prossimi anni. Quanto è importante che i giovani si sentano protagonisti, nella vita e nella fede?

I giovani, purtroppo, non sono protagonisti. Si parla tanto dei giovani, molte personalità ecclesiastiche e politiche si riempiono la bocca di giovani però, di fatto, nelle cabine di regia non trovi molti giovani. Sono considerati oggetto di cura, persone su cui investire ma non sono guardati nella realtà concreta del loro oggi. Don Bosco ha dato un input forte. Ha guardato negli occhi e nel cuore i giovani che aveva davanti: “Io vi amo perché siete giovani, così come siete“, ecco la famosa frase. Questa attenzione ha suscitato nei giovani il protagonismo, la corresponsabilità. Si sono sentiti apprezzati e stimolati anche a rinnovarsi e a cambiare, ma a partire da loro, non da messaggi esterni o moralistici. L’insegnamento che si cerca di portare avanti nelle nostre parrocchie e nelle nostre comunità è questo: non dobbiamo solo parlare di giovani ai giovani, dobbiamo renderli attivi e protagonisti, altrimenti li manteniamo in uno stato di bambagia (di agio e comodità, ndr). Dico ai giovani: dovete svegliarvi, essere attivi! Contestate pure (io sono un po’ sessantottino) la stagnazione e tante forme vecchie della società e della stessa vita ecclesiale, ma siate responsabili e assumete con coraggio impegni concreti per rinnovare secondo il Vangelo voi stessi e la comunità. Bisogna che i giovani mettano un po’ di pepe nella società, devono stimolare il mondo adulto a trovare delle nuove forme di ascolto e di valorizzazione del mondo giovanile. Ormai sono tanti i giovani sfiduciati, che non studiano e non lavorano, mantenuti dai genitori o dai nonni, sono in stand-by. Ho fatto un incontro specifico con industriali, politici, economisti e con tutto il gotha della società torinese per chiedere: vogliamo metterci in ascolto di questi giovani, sentire le loro ragioni e proposte? Quali sono i problemi che vivono? Non si può parlare dei giovani se i giovani non sono presenti mentre si tratta dei loro problemi nella società o nelle parrocchie. Giovani, non chiudetevi nelle vostre associazioni o parrocchie, come fossero un parcheggio custodito. Uscite e siate protagonisti!

Eccellenza, il mondo dell’informazione è sempre più orientato verso le piattaforme digitali. Anche i due giornali della diocesi, la Voce del Popolo e Il Nostro Tempo, si sono adattati a questa esigenza. Monsignor Nosiglia, che cosa ne pensa del giornalismo online?

Penso che sia una via molto interessante e stimolante. Certo, bisogna saperla usare bene: se uno guida una 500 è facile, se uno guida una Ferrari la cosa diventa già un po’ più difficile. La via digitale sembra una 500, ma in realtà è una Ferrari, secondo me. Se uno impara certi modi e forme d’utilizzo, diventa veramente eccezionale, ti dà delle possibilità grandi di arrivare a tantissime persone, di incidere con dei messaggi forti. E’ una via molto importante, i giovani ci sono dentro. Io ho qualche difficoltà, non sono un nativo digitale. I giovani di oggi, invece, sono inseriti in questo mondo, non hanno paura né timore. Bisogna però avere una coscienza critica, etica e morale: a volte, il linguaggio digitale ti dice delle cose, ma chi l’ha scritto ne pensava delle altre. Non bisogna forzare, se no si esce di strada: è una Ferrari, non una 500!

Tags:arcivescovo,Bicentenario don Bosco,Cesare Nosiglia,Cottolengo,diocesi,giovani,papa francesco,Pier Giorgio Frassati,sindone,torino

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