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Note di prosa - 20

Creato il 26 ottobre 2010 da Sulromanzo
Di Anna Costalonga
«Ne sa di cose su questo tribunale e sugli imbrogli che ci vogliono», disse K., e poiché Leni gli si stringeva troppo addosso, la prese sulle ginocchia. «Così va bene», disse lei, e si mise comoda sulle sue ginocchia lisciandosi la gonna e aggiustando la camicetta. Poi gli si appese con le mani al collo, si lasciò andare all'indietro e lo guardò a lungo. «E se non faccio la confessione, lei non mi può aiutare?», chiese K. per metterla alla prova. Sto reclutando le aiutanti, pensò quasi stupito, prima la signorina Bürstner, poi la moglie dell'usciere e adesso questa piccola infermiera che sembra avere un bisogno incomprensibile di me. Guarda come se ne sta sulle mie ginocchia, quasi fosse l'unico posto giusto per lei! «No», rispose Leni scuotendo adagio la testa, «allora non la posso aiutare. Ma lei non vuole affatto il mio aiuto, non ci tiene per niente, è testardo e non si lascia convincere». «Ha un'amica?» chiese dopo un momento. «No», disse K. «Ma sì», disse lei. «Beh sì», disse K., «pensi, l'ho rinnegata eppure mi porto persino dietro la sua fotografia». Cedendo alle sue preghiere le mostrò una fotografia di Elsa; rannicchiata sulle sue ginocchia, lei studiò il ritratto. Era un'istantanea, Elsa era ripresa dopo una danza vorticosa, di quelle che a lei piaceva ballare nel suo locale, la gonna a pieghe le volava ancora attorno nella ruota della giravolta, poggiava le mani sulle anche robuste e guardava ridendo di lato con il collo teso; a chi ridesse, dalla fotografia non si poteva vedere. «Ha il busto troppo stringato», disse Leni e indicò il punto dove questo, secondo lei, si vedeva. «Non mi piace, è goffa e grossolana. Forse però con lei è dolce e gentile, dalla foto si direbbe così. Queste ragazze alte e robuste spesso non sanno fare altro che essere dolci e gentili. Ma saprebbe sacrificarsi per lei?». «No», disse K., «non è né dolce e gentile né saprebbe sacrificarsi per me. E finora non ho nemmeno preteso da lei né una cosa né l'altra. Anzi non ho mai neppure guardato la foto bene come lei». «Allora non è che gliene importi tanto», disse Leni, «allora non è affatto la sua amica». «Ma sì», disse K. «Non mi rimangio la parola». «Mettiamo pure che adesso sia la sua amica», disse Leni, «lei però non ne sentirebbe molto la mancanza, se la perdesse o la scambiasse con un'altra, per esempio con me». «Certo», disse K. sorridendo, «può darsi, ma ha un grande vantaggio su di lei, non sa niente del mio processo, e se anche ne sapesse qualcosa non ci starebbe a pensare. Non cercherebbe di convincermi a essere arrendevole». «Questo non è un vantaggio», disse Leni. «Se non ha altri vantaggi non mi perdo d'animo. Ha qualche difetto fisico?». «Un difetto fisico?», chiese K. «Sì», disse Leni, «perché io un piccolo difetto ce l'ho, guardi». Divaricò il medio e l'anulare della mano destra, la membrana che li univa arrivava quasi fino all'ultima falange delle sue corte dita. Al buio K. non capì subito quello che voleva mostrargli, allora lei gli guidò la mano perché tastasse. «Che scherzo di natura», disse K. e dopo avere esaminato tutta la mano aggiunse: «Che zampina graziosa!». Con una sorta di fierezza, Leni stava a guardare K. che continuava ad aprire e chiudere meravigliato le due dita, e infine vi posò un rapido bacio e le lasciò andare. «Oh», esclamò lei subito, «mi ha baciata!». A bocca aperta, gli salì svelta sul grembo in ginocchio. K. la guardò quasi sgomento, ora che gli era così vicina emanava un odore amaro, pungente, come di pepe, lei trasse a sé la sua testa, si chinò su di lui, morse e baciò il suo collo, morse persino i suoi capelli. «Mi ha scambiata!», gridava di tanto in tanto, « vede? adesso mi ha scambiata!». A questo punto le scivolò un ginocchio, con un gridolino cadde quasi sul tappeto, K. l'abbracciò per trattenerla e fu trascinato giù con lei. «Adesso sei mio», disse.
Bruno Maderna: Studi per "Il Processo" di Franz Kafka (1950)
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