Note di prosa - 57

Da “La difficoltà di essere” di Jean Cocteau

Il resto del tempo mi rinchiudo. Leggo e scrivo. La solitudine mi obbliga a essere Robinson e la sua isola, a far ricerche in me stesso. Non ci metto nessuna intelligenza, che non ho, ma una certa audacia, che ho e ne prende il posto.

Incapace di seguire una pista, procedo per colpi di testa. Non posso seguire a lungo un’idea. La lascio fuggire quando dovrei avvicinarmi a lei e saltarle addosso. Tutta la mia vita ho cacciato in questo modo, poiché non sono capace di fare meglio. È questo che inganna tutta la gente che scambia i miei rischi per abilità, i miei sbagli per strategia. Mai uomo fu circondato da tanta incomprensione, da tanto amore, da tanti odii, poiché se il personaggio che mi si crede irrita coloro che mi giudicano da lontano, quelli che mi avvicinano somigliano a Bella, quando teme un mostro e scopre una buona bestia che non vuole altro che arrivare al suo cuore.

Posso dire che le mie più dolci amicizie vengono da questo contrasto.

La mia leggenda allontana gli sciocchi. L’intelligenza mi sospetta. Che cosa mi resta tra le due? I girovaghi che mi assomigliano cambiano più spesso il posto che la camicia e pagano con uno spettacolo il diritto di soggiornare dove sono. Per questo la mia solitudine non sembra mai taciturna.

[…]

A Parigi, non trovo niente che mi vada. Gli appartamenti che mi propongono, mi intimidiscono. Vorrei che mi dicessero: «Ti aspettavo».

A forza di contare sull’impossibile, metto radici nel mio buco.

«Sento una difficoltà di essere». Questo risponde Fontenelle centenario, mentre sta per morire e il medico gli domanda: «Signor Fontenelle, che cosa si sente?». Solamente che la sua è dell’ultima ora. La mia data da sempre.

Dev’essere un sogno vivere bene nella propria pelle.  

Edith Piaf - Non, je ne regrette rien