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L’esordiente nel lungometraggio Mikkel Munch-Fals sembra aver studiato sia i dettami del super-boss Lars che le rasoiate all’arsenico di un giovane regista come Simon Staho, purtroppo non ancora apprezzato quanto meriterebbe, che con Dag och natt (2004) e Daisy Diamond (2007) ha dato luogo a validissime argomentazioni in merito alla marcescenza che prolifera dalle sue parti.
Nothing’s All Bad è un film corale capace di scorrere in mezzo a due rive (dramma & commedia) che potrebbero portare un lavoro così ben fatto in aride anse senza via d’uscita. Invece è il caso di dire che la commistione tra i due registri trova il proprio equilibrio dovuto poiché quando si ride, si sorride con un retrogusto amaro, e quando invece la vicenda imbrunisce, si diventa più seri non dimenticando quell’ironia che ammorbidisce senza sminuire la tragi(comi)cità rappresentata.
Questo è dunque l’incarto del pacco regalo, aprendolo scopriamo che Munch-Fals racconta nell’incipit di un uomo che davanti ad una puttana è triste fino a piangere senza sapere perché. Chi lo sa, oltre a Shakespeare, è il regista stesso che attraverso la coralità riesce ad amplificare il malessere sociale e personale dei suoi personaggi grazie al pingpong narrativo che, come da tradizione per il genere, si costella di tanti piccoli cortocircuiti interni fino alla collisione finale che non lascia di certo indifferenti.
A monte va rimarcato che le 4 persone qui riprese (il titolo tradotto sarebbe Belle persone) sono madre-figlia e padre-figlio. La disgregazione famigliare riduce i 4 personaggi a sgualcite bandierine mosse dalle proprie frenesie che come un imbuto trascinano solo e soltanto nella pozza maleodorante del sesso. Il sesso diventa la protesi naturale di mancanze, di vuoti personali incolmabili, di assenze affettive; il sesso come cifra illusoria: per la vecchia donna un placebo contro la solitudine, per sua figlia un modo per accettare il proprio handicap, per il padre, l’unico che ironicamente non consumerà mai, il viatico per liberarsi dalle proprie perversioni, e infine per il giovane che si prostituisce una pressoché spensierata fonte redditizia.
Si tratta perciò di persone alla deriva che non riescono a trovare un appiglio nella loro caduta, ed anzi precipitano sempre più rapidi verso l’insensibilità e la noncuranza della propria vita.
L’inesorabile e discendente tragitto verticale ha forza in particolar modo quando si narrano le vicende del duo femminile piuttosto che quelle di padre e figlio. La signora vede in poco tempo l’allontanamento dal lavoro e dall’amore del marito per trovarsi in uno squallido bingo e infine in un bar ancora più squallido adescata dallo sbarbato gigolò. Quest’ultimo, invece, con le sue attitudini concupiscenti forza un po’ oltre la credibilità della sua storia che ha almeno un giro a vuoto, quello in cui una coppia apparentemente per bene lo porta a casa per i propri loschi affari.
Munch-Fals fa l’equilibrista in un territorio dove a cadere non ci si mette niente. Ma lui con la sfrontatezza degli esordienti firma una vera perla che oltre ad aver fatto felici i vertici della Zentropa, ha fatto felice anche me, e spero anche voi che non potete davvero perdervi questo film.
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