Il 16 marzo 2012 è successa una cosa incredibile: il quotidiano italiano “Il Fatto Quotidiano”, diretto da due cristiani come Antonio Padellaro e Marco Travaglio (il secondo pure “cattolico”!) ha preso (velatamente) posizione in difesa di due lavoratrici inglesi licenziate perché hanno osato indossare una collanina con una croce durante l’orario di lavoro. Mentre in Oriente i cristiani vengono eliminati fisicamente, in Occidente la discriminazione assume la forma del licenziamento o della vessazione che passa sotto il termine di “cristianofobia”. La cosa non è nuova ed è comune in tutti gli Stati laicamente avanzati, più volte è stata denunciata su diversi quotidiani italiani, di destra e sinistra, (“Il Foglio” e “Europa” in particolare) e da esponenti credenti e non credenti, come Bernard-Henri Lévy. Ma che perfino il “Fatto Quotidiano” abbia riconosciuto -seppur con imbarazzo- l’assurdità di questo opprimente laicismo occidentale è un evento storico.
L’articolo è firmato da Daniele Guido Gessa, che probabilmente sarà ora massacrato di invettive dal vati-laicista de “Il Fatto” Marco Politi. Gessa spiega che i due casi di discriminazione sono finiti davanti alla Corte europea dei diritti umani dove, però, sono intervenuti anche i legali del ministero degli Esteri inglese secondo cui “vietare la croce non danneggia i diritti garantiti dall’articolo 9 dello Human Rights Act inglese”. Eppure lo stesso articolo riconosce la “libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato”. Il primo ministro David Cameron ha però affermato che il suo «personale punto di vista è che i lavoratori cristiani debbano potere indossare una croce», ma il ministro per le pari opportunità Lynne Featherstone ha comunque ordinato ai legali del governo di procedere alla Corte europea dei diritti umani con un parere negativo. Il caso andrà avanti nelle aule della corte nelle prossime settimane. Il giornalista de “Il Fatto” ha citato poi le parole lasciate dal noto personaggio televisivo Delia Smith sul suo sito web (seguito regolarmente da due milioni di utenti). L’articolo si è concluso ricordando che «nel Regno Unito, ogni volta che si fa una domanda di lavoro in un ente o in un’istituzione, ma anche in un’impresa privata, viene richiesto il credo religioso dell’aspirante lavoratore. Indicarlo non è un obbligo, ma recenti indagini dimostrano come sempre più persone tendano a nascondere la propria fede».
C’è da dire che i più maliziosi ritengono che questa leggerissima difesa dei cristiani da parte del quotidiano di Padellaro sia il male minore scelto pur di attaccare il fastidioso (è conservatore!) primo ministro Cameron. E’ anche interessante notare, nei commenti all’articolo di Gessa, quanto siano malleabili i lettori: il “Fatto” ieri attaccava i cristiani che osano criticare l’aborto? E allora tutti ad insultare i cristiani. Il “Fatto” oggi difende i cristiani? E allora tutti a difendere la libertà d’espressione dei cristiani…oltretutto anche con argomenti validi: «E’ il classico caso in cui il problema sta negli occhi di chi guarda», scrive correttamente un utente. E continua: «Anche la mela morsicata della Apple è collegata alla Bibbia (si riferisce alla mela di Adamo ed Eva) e vuole rappresentare la tentazione. Ma quanti lo sanno? Non tanti, quindi nessuna rivolta. La croce stessa per un non credente non dovrebbe significare nulla, o al massimo identificare la persona che la possiede come cristiana. C’è anche la possibilità che una persona si preoccupi per le implicazioni di quella croce (“voglio abortire e questa ha la croce e sarà sicuramente contraria….. voglio un altro medico”) [...]. La vicenda fa emergere un problema che dovremo affrontare anche noi: rispetto per l’altro significa annullare le differenze per legge, stendere un bel tappetone che faccia sembrare tutti uguali i cittadini…..oppure tollerare che ognuno esprima la propria diversità?».