Sono fresche le immagini delle proteste che Lunedì hanno investito Atene e l’area del parlamento, dove si votavano le nuove misure di austerità per cercare di salvare il paese dalla bancarotta, con tagli agli stipendi del pubblico impiego, licenziamento di 150.000 dipendenti statali e il passaggio al sistema pensionistico contributivo.
Nei mesi precedenti furono imposte diverse nuove tasse e l’aumento dell’ICI, passato da tre euro al metro quadro a venti con l’obbligo di doverla pagare attraverso la bolletta della luce altrimenti ci sarebbe il taglio della corrente in casa. Molte famiglie sono finite sul lastrico e ormai la speranza è ai minimi termini perché, al contrario di paesi come l’Italia, nei mesi scorsi non si è parlato minimamente di piani per la crescita riducendo la fiducia ai minimi termini e l’aumento della disoccupazione che in un mese è passata dal 19,3% al 20,5%. Al dramma si aggiunge che nel 2015 tra rimborso titoli e interessi lo stato ellenico dovrà versare 230 miliardi di euro con un forte rischio di liquidità.
Nello stare troppo ad osservare un punto però non ci rendiamo conto di quello che accade negli altri settori della guerra contro il default, guardando in particolare gli altri paesi PIGS, ecco a voi una breve carrellata:
Irlanda: la situazione non è delle più rosee, le banche da tempo non elargiscono più credito, perché grossa parte della moneta è stata data in prestito dallo stato per sanare i debiti, ma rendendo gli istituti all’insolubilità appena qualcosa andrà storto, mentre il governo cerca in tutte le maniere una soluzione ad un problema prossimo venturo: il rimborso dei titoli e degli interessi che porteranno il debito al 150% del Prodotto Interno Lordo. In poche parole riuscire ad evitare la bancarotta sarà impossibile; una delle poche speranze è l’unificazione dell’Ulster se venisse fatto, e fosse vinto, il referendum indetto per il 2015. A riprova della minore quantità di denaro in circolazione ci aiutano i prezzi delle abitazioni che si sono dimezzati in meno di cinque anni (un sogno per noi aggiungerei), diventando un affare per gli irlandesi emigrati, ma alcuni dicono che il calo reale sarebbe del 62%. La situazione è molto più grave perché se la Grecia ha una crisi economica l’Irlanda ne ha una economico e bancaria in poche parole se salta qualcosa gli irlandesi non hanno neanche la possibilità di comprare la benzina per fare le molotov.
Portogallo: l’Aprile scorso Barroso affermò la preoccupazione dell’Unione Europea per la situazione lusitana e pose subito le mani in avanti affermando che non sarebbero stati garantiti prestiti ponte, ma solo mutui vincolati a garanzie molto severe basate su riforme strutturali. Gli 80 miliardi di euro necessari per risollevare la situazione furono garantiti con tagli alla spesa e nuove tassazioni che portarono la popolazione a lunghi scioperi. La crisi di liquidità è sempre più vicina per l’impennata che hanno subito i titoli nazionali; i decennali hanno un rendimento del 15% e i quinquennali hanno raggiunto il 20%, nenche il Venezuela, suo pari rating, ha tassi così alti. Gli analisti internazionali sono sicuri che a breve il governo tornerà a dover chiedere aiuto all’UE e al FMI, ma nel frattempo si sono avviate diverse azioni a partire dalle privatizzazioni, tra cui la compagnia elettrica, abolizione di tredicesima e quattordicesima per pensionati e lavoratori con stipendi mensili da 1100 euro a salire, mentre gli occupati lavorano mezz’ora in più al giorno.
Spagna: il governo popolare di Rajoy dopo aver sottovalutato il debito spagnolo, con immediate correzioni alla manovra economica pensata prima delle elezioni, nel periodo natalizio ha dovuto effettuare tagli alla spesa per 16 miliardi, mentre la disoccupazione ha raggiunto i 5 milioni, pari al 22,85% della popolazione attiva, valore più alto dal 1995, ma se considerati solo gli under 24, allora i dati diventano drammatici raggiungendo il 51,4%. Il paese nella crisi ha seguito di pari passo tutte le tappe dell’Italia anni ’70 quando terminò il boom economico basato principalmente sull’edilizia, con agenzie immobiliari iberiche che per tentare di liberarsi degli edifici hanno provato con il 2×1 mentre la produzione industriale ha raggiunto i minimi termini. Con l’anno nuovo sono state introdotte manovre per ridurre di ulteriori 9 miliardi di euro la spesa pubblica attraverso nuove tasse sulla proprietà e i redditi, congelamento delle assunzioni e dei salari dei dipendenti pubblici per i prossimi due anni, mentre è stato garantito che l’iva non verrà aumentata. Proprio oggi (14 Febbraio) però l’Unione Europea ha posto un’indagine nei confronti del governo iberico perché avrebbe gonfiato i conti per tenersi con i valori sotto l’8% del deficit, valore consentito per quest’anno per non subire una multa pari allo 0,1% del PIL.
Dai diversi fronti di “guerra” le notizie sono queste, tutti richiamano alla calma e al non preoccuparsi, ma per esperienza, se qualcuno dovesse iniziare a parlare di “ritirata strategica”, come molti eserciti sconfiti ci hanno insegnato tanti anni fa, inizierei ad avere un attimo di timore.