Andiamo sempre a cercare il pelo nell’uovo, anche quando non ce n’è bisogno.
La Stampa pubblica la notizia del parroco di Arnasco che si è rifiutato di benedire la salma di una donna marocchina, coniugata con un italiano, morta nel crollo di una palazzina.
Poi leggo l’articolo, e noto che la donna,anche se era in fase di conversione al cattolicesimo, era sempre di fede islamica. Mi chiedo dove stia lo scandalo… Molto peggio quei parroci che consentono i funerali religiosi a chi è morto suicida, qualunque sia la ragione del gesto insano. Parlo da laica, ma se uno è religioso deve sapere che certe regole vanno rispettate, altrimenti a che serve?
L’altro episodio è su tutti i giornali: il ristoratore che ha proibito l’ingresso nel suo locale ai bambini di età inferiore ai 5 anni. C’è chi addirittura ha fatto riferimento alle leggi razziali che proibivano l’ingresso agli ebrei nei negozi, paragone assolutamente scemo. Un ristorante, una trattoria, un bar sono delle attività private, anche se rivolte al pubblico, gestite da privati, ed il proprietario è nel suo pieno diritto di stabilire chi possa essere questo “pubblico”. Così come l’esercente può stabilire chi possa o meno entrare nel suo locale, altrettanto può fare il cliente, libero di frequentarlo o di trasferirsi in un altro. Ma tutto si riduce ad una questione di educazione: se i genitori avessero educato bene i propri figli, non ci sarebbe stato bisogno di un simile cartello. Io anzi avrei esteso il divieto fino all’età di 8 anni. E debbo anche aggiungere che certe scene cui ho assistito in ristoranti italiani, (ma anche in altri posti, come supermercati, cinema, musei, zoo) non mi è mai capitato di vederle all’estero. Del resto, la tendenza di vietare l’ingresso ai bambini in determinati luoghi esiste da parecchio tempo, come testimonia il link allegato del gennaio 2014.
Se i bambini non sono capaci di comportarsi educatamente in un luogo pubblico, meglio restare a casa o, per una volta, affidarli alla custodia dei nonni.
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