Talvolta, quando sono seduto davanti al pc con davanti a me la pagina bianca di WordPress e uso il mio tempo scrivendo frasi su frasi per raccontare le paure, le stronzate o le gioie delle mie giornate, ho una lontana perplessità: è il dubbio che fermarmi per mettere per iscritto i miei pensieri non serva ad altro che ad isolarmi, a parlare di me con me, a creare un cerchio perfetto che mi riporta al punto di partenza, mentre invece dovrei usare tutte le energie per dedicarmi allo studio, o alla mia professione, o a stare semplicemente con gli altri umani. Perché non si è mai sentito di un medico che si dia alla letteratura, alla musica o alle arti: forse dovrei chiudere la pagina e aprire il libro.
Poi un’amica mi segnala un sito, e scopro con un po’ di stupore che là fuori c’è un mondo di gente come me, medici più o meno giovani che sfogano le loro giornate sulla carta virtuale di uno strano blog che doviziosamente raccoglie una seria di racconti di “notti di guardia” in ospedale, in pronto soccorso, in guardia medica, e tutti sembrano raccontare i miei stessi tremori, eccitazioni, divertimenti e angosce. Quasi tutti gli interventi che ho letto sono di medici “navigati”, che anche dopo anni di lavoro trovano il momento di fermarsi a scrivere le loro giornate (anzi, le loro notti), qualcuno con stile, qualcuno badando più al contenuto che alla forma. Ogni post è scritto da una persona diversa, ma ogni pagina è così sincera che mi sembra di conoscere già personalmente tutti gli autori.
Mi viene spontaneo l’istinto a trovare “il mio racconto preferito”, anche solo per segnalarne qualcuno. Questo umanissimo racconto, in cui l’autrice sembra un po’ l’antitesi di tutti i medici-supereroi tipici di ogni ER, Gray’s Anatomy, Doctor House e vari altri telefilm in cui da qualche tempo non mi identifico più di quanto mi succeda con i personaggi di Harry Potter; quest’altro, in cui l’inizio divertente e ironico ti spiazza prima di strizzarti lo stomaco poche righe più in basso.
E mi torna una gran voglia di raccontare, perché è solo parlando – o scrivendo – che ci uniamo agli altri, perchè ci sono tante storie da condividere, perché lanciando un raccondo nella rete mi libero del fardello di una giornata dura, perché se non mi fermo a scrivere un’impressione questa andrà persa. Perché devo ancora raccontare a tutti come è stato il mio primo Natale di guardia, e se lascio passare altro tempo me ne scorderò qualche sapore e non ci sarà un’altra prima volta.
Ma è già tardi, lo studio incombe e devo rimettermi sui libri. Sarà per la prossima pausa.
www.nottidiguardia.it