Ale è passata per un caffè notturno. I nostri, caffè notturni. Quelli amari e forti, che sanno di schiettezza e parole rimaste per troppo tempo ingolfate nell'ultimo tiro di sigaretta, come ho già scritto da qualche parte. Ale tira fuori tutto, da me e da lei. I silenzi, tra me e lei, sono densi e carichi come le nubi che hanno infestato il cielo nei giorni scorsi; risolutivi come la pioggia che è venuta dopo; taumaturgici come l'aria pulita delle ultime ore. Le sue parole sono le mie, le mie parole sono le sue. Fa tenerezza pensare che ci conosciamo da quando avevamo sei anni, pensare che siamo cresciute insieme, lontane ma vicine, sempre diverse, pure da noi stesse, mai uguali, eppure così simili. E' limitante e riduttivo dire che "lei sa come mi sento". Lei ha sempre visto oltre, forse perchè spesso ci siamo sentite esattamente allo stesso modo, come sta accadendo adesso.Ale fa parte di quella minoranza di esseri umani che legge tra le righe, che vede cosa si nasconde tra le pieghe, dell'esistenza e delle persone.Abbiamo parlato per ore di un futuro arrivato troppo presto, congetturando su chi avremmo voluto essere per vivere al meglio questo domani che è già franato nell'oggi, fantasticando su come avremmo potuto correre più forte per impedire al domani di corroderci i calcagni.
Ineludibile la vita, come il tempo che scorre, il consumarsi delle cose, il trasformarsi degli elementi. Non penso di aver perso il treno, penso solo di aver preferito camminare. Anche Ale cammina con me. La meta forse è differente, ma il viaggio è lo stesso. E va bene anche così, la strada più veloce che da A conduce a B, non è necessariamente la migliore. Correre a perdifiato verso un orizzonte di cose che diano senso alla vita, fermarsi a 40 anni per sposarsi, fare dei figli, accendere un mutuo, in un vortice di emozioni assaggiate appena, di persone conosciute a malapena, di luoghi subiti anzichè vissuti ... non so se fa per me. Anzi si, lo so, non fa per me. Non mi piace correre così veloce da non vedere i volti delle persone cui passo accanto, non mi piace svoltare l'angolo senza aver capito se quello così alto e mesto fosse un acero o un liquidambar, non mi piace avere solo una fuggevole impressione del lungo viaggio che, auspicabilmente, mi porterà da qualche parte.
Voglio assaporare, capire, riflettere, prendendomi il tempo per passeggiare in questo mondo che corre, concedendomi il lusso di fermarmi in mezzo alla folla per alzare gli occhi al cielo e ritrovare l'infinità di stelle cui ho affidato i miei sogni di bambina, volgendomi dove le persone non bramano per arrivare, dove le persone dimenticano di guardare, dove le persone sono troppo pigre per cercare. Sono le sfumature che mi fanno sentire viva, quelle meno ovvie e palesi. La caparbia ostinazione delle onde che si frangono sulla battigia per poi ritrarsi; lo sguardo di una persona che sfugge ad un complimento; un ragazzo sul treno che legge così rapito e commosso che per un attimo vorrei esserci anch'io dentro la sua testa; le foglie degli alberi di notte, di quel verde denso e riposante simile a null'altro in natura; la musica silenziosa della neve quando cade; i nèi sui volti delle persone, sparsi come tanti punti interrogativi nelle loro vite; i riflessi nei finestrini dei treni; la prima frase di un romanzo; le finestre del condominio di fronte al mio, che d'estate offrono ai voyeur dello spirito come me, interessanti retrospettive sulle vite di chi ci abita; la luce azzurrina, un momento prima che sorga il sole, l'umidità viva dei boschi; le conversazioni degli altri; le parole che si inseguono instancabili nella mia mente, ad ogni cosa che vedo, sento, percepisco; la violenza con cui, talvolta, mi lascio travolgere dagli stati d'animo; la parte oscura che ognuno di noi nasconde dietro il trucco, cela dentro i vestiti, addobba con una qualifica o un mestiere; tutte quelle cose che non fanno rumore nelle nostre orecchie, ma possono urlare come la terra che trema dentro di noi. Queste sono le cose che mi colpiscono.
E lo fanno con una tale forza, che spesso, dopo una rapida occhiata ai presenti troppo occupati con loro distrazioni, mi chiedo se sia possibile che nessun altro oltre a me, veda, senta, percepisca tutto quello che non fa rumore. So di non essere l'unica, non voglio il primato, non serve l'esclusiva per certe cose, è solo che quando mi guardo intorno vedo troppo spesso gente che corre ovunque, stressata, indaffarata, oberata di cose da fare, a cui pensare, gente che non si prende il tempo per niente più di ciò di cui ha deciso di riempirsi la vita; gente ben vestita, che scende da macchine con autista, ciarlando amabilmente dentro un cellulare, con lo sguardo spento e il sorriso teso dal botox e dalla commedia; gente che trascina esasperata bambini che chiedono l'impossibile solo perchè quello che vogliono, al momento, è impossibile, vogliono attenzione non distrazione; gente che non sorride, non dice per favore, nè grazie, ma sbuffa e bofonchia mezze frasi in cagnesco a chiunque gli si pari davanti.Il mutuo non si paga in sorrisi, servono soldi e c'è la crisi. A chi lo dici, lo so, infatti un mutuo non ce l'ho, ho solo sorrisi, qualche lacrima e uno tsunami di pensieri in queste tasche. E va bene così.Cammino piano. Osservo. Piango. Più spesso rido. E prendo nota. Scrivo, disegno, costruisco ponti immaginari che riuniscano quei tasselli sperduti che hanno scordato di essere un frammento di qualcosa di più grande.Voi andate avanti, io rimango qui ancora un po', e quando sarà tempo, arriverò.
Magazine Talenti
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