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Nove saggi danteschi (Borges)

Creato il 04 febbraio 2016 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua

La Commedia è un'opera perfettamente rispondente all' ottava definizione che Italo Calvino dà del classico: "un'opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso". Jorge Luis Borges sembra partire proprio da una tesi simile nel suo approccio al poema di Dante, poiché gli interventi raccolti nei Nove saggi danteschi (editi da Adelphi) sono tesi ad affermare il valore basilare della Commedia, del suo contenuto, dei suoi personaggi e del suo stile proprio scansando l'enorme quantità di opinioni critiche che sulle sue pagine si sono sedimentate.

Nove saggi danteschi (Borges)

Senza sottovalutare il lavoro analitico dei teorici, Borges propone una lettura diretta del poema, suggerendo di dimenticarne le rampollanti interpretazioni solo per un attimo, restituendo al testo la centralità che merita e liberandosi degli apparati. La critica non è destituita, ma lasciata al suo ruolo ancillare e Borges ribadisce così il significato primario del testo. Dante, in fondo, come ogni altro grande autore, non è la critica dantesca, per quanto la critica dantesca sia un valido supporto per l'analisi profonda.

I Nove saggi danteschi, dunque, si presentano come un libricino di opinioni e letture estremamente accessibili a chiunque, quale che sia il livello di conoscenza della Commedia o della teoria della letteratura. Avendo l'accortezza di leggere o rinfrescare i canti di Dante prima di approfondire il relativo intervento di Borges (che, comunque, si concentra prevalentemente sugli episodi e i versi più noti), la sua analisi risulta sempre limpida, naturale, mai appesantita da rimandi e citazioni specialistiche. Il risultato, insomma, è una raccolta di interventi di forte potenziale divulgativo, che certo non si sostituiscono agli strumenti specialistici dell'interpretazione, ma che attirano il lettore comune, quello che riesce ad ascoltare e amare Dante anche senza penetrarne tutti i segreti, che è poi quello che accade anche a scuola, al momento della lettura del canto di Francesca o della lode della Vergine.
Gli aspetti centrali della lettura che Borges affida ai suoi saggi sono riassumibili in tre punti. C'è innanzitutto l'attenzione allo stile, alle peculiarità espressive del poeta fiorentino, capace di un realismo in cui convivono, senza stridere, un'estrema tenerezza e una durezza senza confini. Un realismo e un'intensità che spremono ogni suono e ogni significato dal verso e dalla parola, riuscendo ad affrescare enormi pareti con pochissimo colore.

Un romanzo contemporaneo ha bisogno di cinquecento o seicento pagine per farci conoscere un personaggio, sempre che riusciamo a conoscerlo. A Dante basta un solo momento. In quel momento il personaggio è definito per sempre. Dante cerca inconsciamente quel momento centrale. [...] La trovata di Dante nel Medioevo <è> presentare un momento come cifra di una vita. In Dante abbiamo personaggi la cui vita può limitarsi ad alcune terzine, e tuttavia quella vita è eterna. Vivono in una parola, in un atto, non serve di più; sono una parte di un canto, ma quella parte è eterna. Continuano a vivere e a rinnovarsi nella memoria e nell'immaginazione degli uomini.

In secondo luogo c'è il ruolo di Dante personaggio e poeta, un uomo che ricerca la gloria letteraria al punto da sentirsi parte di quel circolo letterario che si forma nel Limbo, presso il castello degli Spiriti Magni, ma che, allo stesso tempo, fatica a comprendere gran parte di quella Giustizia che ostinatamente richiama nel poema e, nel tentare di svelarne i misteri, manifesta un'audacia che lo avvicina all'uomo più tracotante dell' Inferno: Ulisse. Come il sovrano di Itaca ha osato spingersi oltre i limiti imposti da Dio all'uomo, così Dante ha cercato di dipanare l'intricata matassa del creato, immaginando addirittura di aver scorto, nella luce dell'Empireo, "legato con amore in un volume, / ciò che per l'universo si squaderna: / sustanze e accidenti e lor costume, / quasi conflati insieme" ( Par. XXXIII, 86-89). Dante ha peccato di quella superbia di cui si incolpa identificandosi con i peccatori della prima cornice del Purgatorio, volendo svelare il mistero di Dio ed essere ricordato come un faro letterario alla pari di Omero o Virgilio, per quanto la visione sia tanto ampia da non permetterne un'accurata descrizione e molte domande siano destinate a rimanere senza soluzione o a morire nella risposta di un "vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole", cioè in un richiamo all'imperscrutabile volere di Dio.

Per questo il personaggio di Ulisse ha la forza che ha, perché Ulisse è un specchio di Dante, perché Dante sentì che forse anche lui avrebbe meritato un simile castigo. Aveva scritto il poema, ma aveva anche infranto le misteriose leggi della notte, di Dio, della Divinità.

Nove saggi danteschi (Borges)

Infine, l'attenzione di Borges è catalizzata dalle figure più vivide del poema: oltre a Ulisse, già citato, vengono più volte richiamate le storie di Ugolino, di Virgilio e, naturalmente, di Francesca e di Beatrice, donne poste in stretta correlazione. Borges si dimostra innamorato dell'amore di Dante per Beatrice, al punto da sposare le tesi che vorrebbero la Commedia composta unicamente allo scopo di rappresentare il suo incontro con lei. La delicatezza con cui Borges tratta i versi che Dante fa pronunciare alla sventurata amante di Rimini e l'estremo rispetto che egli offre ad un poeta che attraverso di lei rivive il sogno di un amore impossibile appartengono ad una gamma di sentimenti che solo il lettore appassionato della Commedia può provare: Borges sembra lì, terzo accanto a Dante e Virgilio, ad ascoltare Francesca e sta osservando il disorientato pellegrino che freme di commozione di fronte al pianto di lei. E niente, quel che si prova leggendo Borges e rileggendo Dante dopo Borges fa tremare il cuore.

Beatrice esistette infinitamente per Dante. Dante molto poco, forse niente, per Beatrice; tutti noi siamo propensi, per pietà, per venerazione, a dimenticare questo penoso contrasto, indimenticabile per Dante. Leggo e rileggo le traversie del suo illusorio incontro e penso a due amanti che l'Alighieri sognò nella bufera del secondo cerchio e che sono emblemi oscuri, anche se egli non lo comprese o non lo volle, di quella felicità che non ottenne. [...]

C'è qualcosa che Dante non dice, ma che si avverte per tutto l'episodio e forse gli conferisce la forza che ha. Con infinita pietà, Dante racconta il destino dei due amanti e sentiamo che prova invidia per quel destino. Paolo e Francesca sono nell'Inferno e Dante si salverà, ma loro si sono amati, mentre lui non ha ottenuto l'amore della donna che ama, di Beatrice. [...] Quando Francesca parla, dice "noi": parla per sé e per Paolo, altro modo di essere uniti. Sono uniti per l'eternità, dividono l'Inferno, e questo a Dante dev'essere sembrato una specie di Paradiso.

Mi sono dilungata fin troppo nella descrizione di un'opera che si legge in meno tempo di quanto richieda questo mio pezzo. Ma sapete come sono quando si tratta di Dante... e non c'è da stupirsi se anche ora che inizio a conoscere Borges (non a caso amico ed estimatore stimato di Calvino), il mio fanatismo mi porta ad eccedere nei particolari. Se amate la Commedia, non perdetevi questo libricino: non arricchirà la vostra conoscenza tecnica o filologica del poema, ma umanamente non potrete più dimenticarne l'eco leggendo i versi del Sommo.

Nessuno ha il diritto di privarsi della gioia della Commedia, della gioia di leggerla in modo ingenuo. Dopo verranno i commenti, il desiderio di conoscere il significato di ogni singola allusione mitologica, di vedere come Dante abbia ripreso un gran verso di Virgilio e l'abbia forse migliorato traducendolo. Ma all'inizio dobbiamo leggere il poema di Dante con la fede di un bambino, abbandonarci ad esso; ed esso ci accompagnerà tutta la vita.

C.M.


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