Centrale di Fukushima
Una delle rare foto scattate dall’interno dello stabilimento di Fukushima, immortalato mentre gli operai tentano di decontaminarlo. Merito – se così si può dire – proprio di questo disastro, se il Paese, che oggi ospita 54 reattori, 19 ancora attivi, ha approvato una legge pro-rinnovabili la cui chiave di volta sarà una tariffa cosiddetta feed-in (che prevede un compenso pagato ai proprietari di sistemi di energie rinnovabili quando la loro energia viene venduta al servizio pubblico) in vigore dal luglio 2012.
Una legge fortemente voluta dal premier dimissionario Naoto Kan e sostenuta da obblighi di acquisto di energia da rinnovabili per le società di servizio. In un Paese che fino a ieri riceveva il 30% della propria energia dall’atomo significherà – secondo le prime stime – moltiplicare di 6 volte il contributo da solare fotovoltaico (990 MW nel 2010), per arrivare nel 2020 a soddisfare il 20% del fabbisogno grazie alle rinnovabili.
Ma per un mercato che si chiude un altro si apre pericolosamente. L’autorità turca regolatrice del mercato dell’energia (Emra) ha infatti pubblicato le linee guida per (facilitare) la realizzazione dei propri impianti atomici. Il testo funge da viatico per la prossima costruzione di una centrale di tipo WWER con tecnologia russa MPP2006, con quattro reattori e una potenza di 1,2 gigawatt, ad Akkuyu, nella provincia meridionale di Mersin, la realizzazione della quale è affidata alla compagnia di Stato russa per l’energia nucleare (Rosatom).
Il testo rilasciato dall’Emra segna peraltro la strategia futura del Paese poiché riduce la percentuale di capitale sociale obbligatoria rispetto agli investimenti nel nucleare (5% contro il 20% per chi costruisca centrali elettriche a carbone o gas naturale). Ciò mentre l’Europa è appena sobbalzata per l’incidente – fortunatamente circoscritto – avvenuto nella centrale nucleare francese di Marcoule.