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Nuoto – La lezione di Lewis Pugh e il riscaldamento globale

Creato il 11 agosto 2010 da Sport24h

Qualche post fa ho pubblicato il comunicato stampa che ha raccontato l’ultima impresa di Lewis Pugh che ha nuotato sul lago Imja ad oltre 5000 metri, alle pendici del Monte Everest. Un’impresa non nuova per il nuotatore britannico che qualche anno fa ha nuotato al Polo Nord, realizzata per sensibilizzare l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici e il riscaldamento globale.
Adesso mi sono imbattuto in una sua “lezione”, nella quale racconta questa sua esperienza e da cui ha tratto una morale che vale la pena raccontare. Dal sito http://www.ted.com/, che invito tutti a visitare e che riporta le più importanti e significative conferenze, lezioni e master su i più disparati argomenti. La traduzione è di Alberto Pagani, animatore italiano del sito. au

“Quando ho parlato qui l’anno scorso vi ho raccontato di una nuotata che ho fatto al Polo Nord. E anche se quella nuotata ha avuto luogo tre anni fa, me la ricordo come se fosse ieri. Mi ricordo quando stavo in piedi sul ghiaccio poco prima di tuffarmi in acqua, e pensavo, tra me e me, che non avevo mai visto un posto sulla terra che fosse così spaventoso. L’acqua era completamente nera. L’acqua è a meno 1,7 gradi centigradi, 29 Fahrenheit. Fa un gran cavolo di freddo in quell’acqua. Poi mi è balenato un pensiero in testa: se le cose vanno storte mentre nuoto, quanto ci metterà il mio corpo congelato ad affondare per tutti i quattro chilometri e mezzo che mi separano dal fondo dell’oceano? Mi sono subito detto che dovevo farmi sparire quel pensiero dalla testa il più in fretta possibile. E che l’unico modo per tuffarmi in quell’acqua gelata e nuotare per un chilometro era ascoltare il mio iPod e caricarmi al massimo, ascoltando di tutto, dall’opera lirica fino ad arrivare a Puff Daddy, e poi impegnarmi al 100% – non c’è niente di più potente di una mente convinta – dopo di che camminare fino al bordo del ghiaccio e buttarmi in acqua.
Quella nuotata è durata 18 minuti e 50 secondi, ma sono sembrati 18 giorni. Mi ricordo di essere uscito dall’acqua e di aver provato un dolore terribile alle mani, di essermi guardato le dita e di averle viste letteralmente delle dimensioni di salsicce perché – lo sapete, siamo fatti in parte di acqua – l’acqua si espande quando congela, quindi le cellule delle mie dita si erano congelate, espanse, ed esplose. E il primo pensiero che ho avuto appena uscito dall’acqua è stato questo: mai e poi mai farò un’altra nuotata nell’acqua gelata in tutta la mia vita.
E infatti, l’anno scorso ho sentito parlare dell’Himalaya e dello scioglimento dei ghiacciai a causa dei cambiamenti climatici. Ho sentito parlare di questo lago, il Lago Imja. Si è formato nel corso degli ultimi due anni a causa dello scioglimento del ghiacciaio. Il ghiacciaio si è ritirato in cima alla montagna ed ha lasciato questo grande lago al suo posto. E sono fermamente convinto che quello che abbiamo davanti sull’Himalaya è il prossimo grande, importante campo di battaglia su questo pianeta. Quasi due miliardi di persone – una persona su tre sul pianeta – dipendono dall’acqua che scende dall’Himalaya. Con la popolazione che cresce al ritmo attuale, e le riserve d’acqua in questi ghiacciai – a causa dei cambiamenti climatici – che diminuiscono così tanto, penso che ci sia un reale rischio di instabilità. A nord c’è la Cina, a sud India, Pakistan, Bangladesh, tutti quei paesi.
Quindi ho deciso di scalare il Monte Everest, la montagna più alta sulla terra, e fare una nuotata simbolica all’ombra della cima dell’Everest. Ora, non so se qualcuno di voi ha avuto l’opportunità di andare sull’Everest, ma è una discreta impresa arrivare lassù. 28 grandi, potenti yak hanno portato l’equipaggiamento sulla montagna… non è solo il mio costume da bagno. C’era anche una nutrita troupe cinematografica che poi ha fatto girare per il mondo le immagini. L’altra cosa estremamente difficile di questa nuotata non è solo l’altitudine. Volevo nuotare a 5.300 metri sul livello del mare. E’ lassù in cielo. E’ molto, molto difficile respirare. Vi viene il mal di montagna. Sembra di avere una persona alle spalle con un martello che vi picchia in testa tutto il tempo.
E non è neanche la parte peggiore. La parte peggiore è stata che quest’anno hanno deciso di fare una grande opera di pulizia sull’Everest. Molte, molte persone sono morte sull’Everest, e proprio quest’anno hanno deciso di andare a recuperare tutti i cadaveri degli alpinisti e portarli in fondo alla montagna. E mentre voi siete lì a scalare la montagna cercando di fare qualcosa che nessun essere umano ha fatto prima, e nessun pesce, tra l’altro… Non ci sono pesci che nuotano a 5.300 metri. Mentre cercate di fare questo vedete tutti i corpi che vi passano accanto, e diventate molto umili, e capite molto, molto chiaramente che la natura è molto più potente di noi.
Quindi abbiamo seguito il sentiero fino in cima. Alla nostra destra c’era il grande ghiacciaio Khumbu. E lungo tutto il ghiacciaio potevamo vedere questi grandi laghi di ghiaccio sciolto. Alla fine siamo arrivati a questo laghetto sotto la cima del Monte Everest ed ho cominciato a prepararmi, nel modo in cui mi preparo sempre, per questa nuotata che sapevo essere molto difficile. Ho acceso l’iPod, ascoltato un po’ di musica, mi sono caricato di aggressività il più possibile – aggressività controllata – e poi mi sono tuffato in quell’acqua.
Ho nuotato più veloce che potevo per i primi cento metri, poi ho capito molto molto velocemente che avevo un enorme problema tra le mani. Respiravo a malapena. Boccheggiavo. Ho cominciato a soffocare, il che mi ha portato subito a vomitare nell’acqua. Ed è successo tutto così in fretta che – e non so ancora come – sono finito sott’acqua. Fortunatamente l’acqua era abbastanza bassa per cui sono riuscito a darmi una spinta sul fondo e uscire dall’acqua per prendere una boccata d’aria. E mi sono detto vai avanti. Vai avanti. Vai avanti. Ho continuato per cinque o sei bracciate, poi il mio corpo ha finito le energie ed io ho cominciato ad affondare. Non so come ho fatto, ma sono riuscito in qualche modo a tirarmi su il più in fretta possibile e arrivare al bordo del lago. So che si dice che affogare è la morte più pacifica che si possa avere. Non ho mai sentito una boiata più grande. (Risate) E’ la sensazione più spaventosa e inquietante che possiate mai provare.
Mi sono trascinato sulla riva del lago. La mia squadra mi ha preso e ci siamo diretti il più velocemente possibile giù – superando i detriti – verso il campo. Lì ci siamo seduti e abbiamo fatto una valutazione di cosa era andato storto là sull’Everest. E la mia squadra me l’ha detto chiaramente. Hanno detto: Lewis, devi compiere un cambiamento tattico radicale se vuoi fare questa nuotata. Ogni minima cosa che hai imparato in 23 anni di nuoto la devi dimenticare. Ogni minima cosa che hai imparato quando eri nell’esercito inglese sulla velocità e sull’aggressività la devi mettere da parte. Vogliamo che torni lassù in cima tra due giorni. Prenditi il tempo per riposare e pensare un po’. Vogliamo che tu salga lassù tra due giorni, e invece che nuotare veloce, nuota più lentamente che puoi. Invece che a stile libero, nuota a rana. E ricordati, mai e poi mai nuotare con aggressività. Questo è il momento di nuotare con grande umiltà.
E quindi siamo tornati in cima alla montagna due giorni dopo. Stavo in piedi lì, sulla riva del lago, ho guardato l’Everest – è una delle montagne più belle del pianeta – e mi sono detto, fai con calma. Ed ho attraversato il lago. Non posso neanche provare a descrivervi quanto mi sono sentito bene quando sono arrivato dall’altra parte.
Ma ho imparato due lezioni molto molto importanti là sull’Everest. E devo ringraziare la mia squadra di Sherpa che me le ha insegnate. La prima è che solo perché qualcosa ha funzionato molto bene in passato non vuol dire che funzionerà in futuro. E allo stesso modo ora, prima di fare qualcosa, mi chiedo che tipo di mentalità mi serve per completare con successo la mia impresa. Portare quest’idea nel mondo dei cambiamenti climatici, che sono, francamente, il Monte Everest di tutti i problemi, vuol dire: solo perché abbiamo vissuto in un modo per così tanto tempo, solo perché abbiamo consumato così tanto per così tanto tempo, e popolato la terra così tanto per così tanto tempo non vuol dire che possiamo continuare nel modo in cui stiamo andando avanti. I segnali d’allarme ci sono tutti. Quando sono nato, la popolazione mondiale era di 3,5 miliardi di persone. Adesso siamo a 6,8 miliardi, e ci aspettiamo 9 miliardi di persone entro il 2050.
Poi la seconda lezione, il cambiamento radicale di tattica. Sono venuto qui oggi a chiedervi: quale cambiamento tattico radicale potete fare nella vostra relazione con l’ambiente, che assicurerà che i vostri figli e i vostri nipoti vivranno in un mondo sicuro, in un mondo protetto, e cosa più importante, in un mondo sostenibile? E vi chiedo anche, per favore, quando andrete via, di pensare a quel singolo cambiamento tattico radicale che potete fare che farà una grande differenza, e poi dedicatevi al 100% a metterlo in atto. Usate un blog, Twitter, parlatene e dedicatevi ad esso al 100%. Poiché poche, pochissime cose sono impossibili da raggiungere se veramente ci mettiamo tutta la nostra convinzione.
Quindi grazie a voi, grazie davvero.”


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