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Nuova recensione Cineland. A proposito di Davis (Inside Llewyn Davis) di Joel ed Ethan Coen

Creato il 10 febbraio 2014 da L'Immagine Allo Specchio
Nuova recensione Cineland. A proposito di Davis (Inside Llewyn Davis) di Joel ed Ethan Coen A proposito di Davis (Inside Llewyn Devis)  di Joel ed Ethan Coen  con Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, John Goodman  Drammatico, 105 min., USA, 2013 
Inverno 1961. Llewyn Davis è un cantante folk (ispirato in parte alla figura di Dave Van Ronk) che si sveglia tutte le mattine su un divano diverso e cerca cocciutamente di guadagnarsi da vivere con la sua musica suonando senza particolare successo in un locale fumoso del Greenwich Village. Effettivamente di lì a poco sarebbe esploso il ciclone Bob Dylan. Ma se Dylan otterrà il successo, Davis si dovrà accontentare di inseguire un gatto rosso che per colpa sua è fuggito dalla casa dell’ultimo ad avergli dato ospitalità. Stringendo il gatto rosso in una mano e la chitarra nell’altra, Llewyn farà i conti con la propria vita (le sue precedenti relazioni gli riservano inaspettate sorprese) e la propria arte (la continua mancanza di soldi e le porte chiuse in faccia) rimanendo solo, sul palco come nella vita
Attraverso la parabola di Llewyn, i fratelli Coen sviluppano ulteriormente le tematiche trattate in A Serious Man, ovvero la figura dell’ebreo errante in relazione ai temi della scelta e della solitudine. Proprio per enfatizzare quest’ultimo aspetto, gli autori ricorrono a due artifici. Uno tecnico, l’altro narrativo. Nel primo caso dobbiamo menzionare la fotografia di Bruno Delbonnel (recentemente apprezzato nel Faust di Sokurov), che almeno nelle scene più significative opta per la rarefazione del contesto a favore di una migliore messa a fuoco della figura del protagonista. Una scelta tecnica che si accompagna alla costruzione circolare della narrazione, che vede il film aprirsi e chiudersi sulla stessa scena isolando così al suo interno un momento emblematico della vita di Llewyn e conferendo ad esso un’atemporalità straniante che ci rimanda ad opere come Il castello di Kafka. 
E proprio come un personaggio kafkiano il protagonista si ritrova a girare, almeno per una fase della sua vita, quasi “a vuoto”, scontando sistematicamente la colpa di optare sempre per la strada più semplice, per l’unica opzione che gli può dare un riscontro immediato. Forse l’incapacità di valutare le conseguenze delle sue azioni è dovuta allo spaesamento che gli deriva dalla morte del partner musicale. O forse è la convinzione di essere un grande musicista che gli impedisce di scendere a compromessi, precludendosi la possibilità di partecipare a lavori meno artistici ma sicuramente più redditizi. 
Con quest’opera i Coen ribadiscono che è inutile cercare risposte: l’imperscrutabilità di ciò che ci riserva il futuro è totale e provoca vertigine, perché non c’è scelta giusta o sbagliata nel presente se non quella presa con la convinzione che possa avere le conseguenze a noi più favorevoli. 
Voto: 4 su 5 
(Film visionato l’8 febbraio 2014) 

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