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Nuova recensione Cineland. J. Edgar di C. Eastwood
Creato il 15 gennaio 2012 da L'Immagine Allo SpecchioNon è che sull’ultima opera di Eastwood ci sia poi molto da dire. La storia parla infatti della vita di J. Edgar Hoover (Leonardo Di Caprio), colui che per oltre mezzo secolo ha lavorato per l’FBI dando un fondamentale contributo al suo perfezionamento: l’accademia nazionale per l’addestramento degli agenti, l’immenso archivio delle impronte digitali, i laboratori scientifici sono sue intuizioni. Da questo si evince che dire che questo film parla della sua vita vuol anche dire che parla del suo lavoro.
Ebbene, è proprio questo il limite del film. Lo spettatore si aspetta di vedere l’evoluzione della polizia federale con una narrazione che si addentra nelle pieghe più recondite dei rapporti di potere, magari arricchita da qualche chicca riguardante i moderni sistemi d’investigazione, invece l’evoluzione della struttura dell’FBI è solo il pretesto per farci conoscere un uomo, solo, omosessuale, represso, che per non esporsi o dover fare i conti con la sua condizione si consacra totalmente al lavoro. Ecco, in questo il film funziona, ma ad un certo punto la sceneggiatura comincia a mettere a nudo forse troppe debolezze.
Perché farci vedere il protagonista vestito da donna davanti ad uno specchio quando è già stato esplicitato più volte che egli ama, ricambiato, l’avvenente collega Clyde (Harmie Hammer), colui che si dimostrerà la sua vera anima gemella? Perché fare scadere i dialoghi al livello di frasi fatte che cercano goffamente di delineare i sentimenti che intercorrono tra i due?
Certo, la recitazione di Di Caprio è buona (sorprendono invece Harmie Hammer e la perfetta Judi Dench), la regia anche, ottimi i costumi e le ricostruzioni, i momenti teneri non mancano. Ma non basta. La sensazione di incompiutezza rimane.
Per non bocciare questo film lo si potrebbe interpretare come parente di Brokeback Mountain (Ang Lee, 2005). Resta il fatto che da Clint, dopo gli exploit di Gran Torino (2008) e Lettere da Iwo Jima (2006), ci aspettiamo sempre molto di più, anche se i successivi Invictus (2009) e Hereafter (2010) non si sono dimostrati all’altezza. La sua parabola registica è irrimediabilmente discendente?
Voto: 3/5
(Film visionato l’11 gennaio 2012)
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