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Nuova “Rivoluzione Culturale” in Cina

Creato il 18 luglio 2013 da Ilnazionale @ilNazionale

Rivoluzione Culturale maoista18 LUGLIO – I giornali indipendenti People’s Daily, Ming Pao e China Times in questi giorni sottolineano come il governo di Xi Jinping abbia lanciato una campagna ispirata al tema del Dna rosso, plasmata cioè sul “ritorno alla linea dell’educazione e alla pratica della massa”. Si tratterebbe di misure volte a ottenere una rieducazione del pensiero dei giovani cinesi che costituiranno la futura classe dirigente del Paese, nonché della popolazione civile nel suo complesso.

Xi Jinping durante il recente lancio della campagna per promuovere la nuova Rivoluzione Culturale

Xi Jinping durante il recente lancio della campagna per promuovere la nuova Rivoluzione Culturale

Nelle sue ultime dichiarazioni pubbliche, il rappresentante di governo Xinhua ha evidenziato il ruolo positivo delle riforme, volte “ad accrescere la coesione dei cuori del Partito e del Popolo, consolidando il legame nella carne e nel sangue” -slogan tipici della rivoluzione culturale maoista e giustificativi dei pongrom che ne conseguirono-. Forse è anche per questo che il professore universitario cinese Xu Zhiyong, fondatore del movimento Gongmeng, è stato arrestato il 16 luglio scorso a Pechino con l’accusa di aver tentato di radunare le folle e disturbare l’ordine pubblico. Gongmeng promuove infatti il rispetto per la legge e per i diritti fondamentali al di là dell’appartenenza al Partito Comunista e delle politiche discriminatorie promosse dal governo.

L'avvocato e professore universitario Xu Zhiyong

L’avvocato e professore universitario Xu Zhiyong

Secondo l’organizzazione Human Rights in China, Xu avrebbe subito da tempo ripetute intimidazioni per la sua pretesa di rendere noto l’ammontare dei singoli patrimoni personali all’interno del Partito Comunista. In almeno un’altra occasione, sarebbe stato costretto agli arresti domiciliari dopo essere stato prelevato all’aeroporto mentre si accingeva a partire per Hong Kong. La richiesta di una maggiore trasparenza da parte della classe politica è già stata avanzata alcuni anni fa da Hu Jintao, per poi essere discussa dall’Assemblea Nazionale del Popolo lo scorso mese di marzo. Da allora, però, il dibattito si è fermato e gli arresti di liberi pensatori si sono moltiplicati. Dal canto suo, il segretario generale del partito Jinping non ha mai fatto riferimento alla necessità di colpire la corruzione diffusa tra i governanti cinesi, né ha precisato quale sarà la sorte delle misure anti-corruzione proposte dall’ala liberale dei pensatori cinesi. Restano attualmente indagati per aver commesso gravi reati finanziari alcuni storici esponenti del governo, quali il viceministro alla Commissione per lo sviluppo nazionale e le riforme, l’ex vicegovernatore del Sichuan e l’ex segretario del Pcc.

Cinesi disabili
A ciò si aggiunga che, nonostante le dichiarazioni rese dai vertici politici in merito alla nuova Rivoluzione Culturale di stampo maoista, secondo Human Rights Watch il 40% della popolazione cinese colpita da handicap non avrebbe alcun accesso all’istruzione di base. In altre parole circa 83 milioni di persone sarebbero costrette a restare analfabete perché la selezione dei più ”forti”, imposta dal modello educativo nazionale, non consente loro di studiare. In oltre 60 interviste a bambini diversamente abili e ai loro genitori, è emerso come il Paese neghi il principio di eguaglianza nell’accesso agli studi, non aiutando in alcun modo gli allievi che presentino difficoltà di apprendimento. Sono le stesse linee-guida dei regolamenti governativi a rendere impossibile, o comunque molto difficile, l’iscrizione alle scuole dell’obbligo di allievi “portatori di difetti fisici o mentali”. Alcuni genitori di figli diversamente abili sono quindi costretti, una volta ottenuta l’iscrizione del minore in un istituto pubblico, ad assentarsi più volte al giorno dal lavoro per recarsi presso la scuola e assisterlo nel salire o scendere le scale o nel recarsi ai servizi.Assai prima di ristabilire l’unione “della carne e del sangue” tra il popolo cinese, Xi Jinping farebbe bene a risolvere i nodi fondamentali della democraticità interna al suo Paese.

Silvia Dal Maso

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