La strategia energetica nazionale (leggi anche Nuova strategia nazionale per l’energia, 180 miliardi di investimenti) è molto chiara, ma è già evidente che incontrerà diverse difficoltà. In particolare il rilancio della produzione di idrocarburi è al centro di accese polemiche. Il governo ha tentato di diminuire i limiti alle trivellazioni offshore imposti dal governo Berlusconi dopo il disastro ambientale del Golfo del Messico, ma fino a oggi non ha ottenuto alcun risultato.
Più del 90% degli idrocarburi in Italia è importato e, negli ultimi dodici anni, le estrazioni di olio e gas si sono dimezzate. Questo, naturalmente, ha portato a un aumento della bolletta energetica, aumentando la fatturazione per l’estero per il rifornimento.
Le riserve disponibili dell’Italia sono però tra le maggiori dell’Europa continentale. Questo il motivo principale su cui si basa il tentativo del Governo Monti di cambiare la strategia energetica nazionale. La Nuova strategia sarà sottoposta a consultazione nazionale, con due quesiti, riguardanti con ogni probabilità:
- le azioni per favorire lo sviluppo di realtà industriali locali con la costituzione di distretti petroliferi;
- iniziative per favorire il coinvolgimento delle collettività e portare avanti un processo di accettazione pubblica dei progetti riguardanti le estrazioni minerarie.
La bozza della Nuova strategia nazionale per l’energia annuncia la possibilità di muovere investimenti per 15 miliardi e 25 mila posti di lavoro. Un altro punto a favore della Nuova strategia è il fatto che porterebbe a un risparmio sulla bolletta energetica di circa 5 miliardi di euro/anno.
Il decreto legislativo 128/2010 (del governo Berlusconi) blocca la maggior parte delle attività di ricerca e sviluppo offshore. Nel decreto crescita e nel decreto sviluppo era stata inclusa la riduzione a 5 miglia per le trivellazioni, poi però era stata stralciata. Il problema deve essere risolto perché ha conseguenze decisive (più posti di lavoro, bollette più basse) ma non facile soddisfare tutte le esigenze, trattandosi di un tema spinoso e di difficile risoluzione. Gli amministratori di Termoli e delle Isole Tremiti si sono per esempio opposti, e continuano a farlo, ai progetti della Petrolceltic al largo della costa molisana in seguito al via libera del Ministero dell’ambiente alla prospezione geofisica, la tecnica di indagine non distruttiva del sottosuolo che prevede la misurazione di alcune proprietà fisiche del terreno al fine di scoprirne la struttura. A questo proposito, Clini ha affermato che si tratta solo di sondaggi, per il momento.
In realtà sono altre cinque le aree messe in prima linea dalla nuova strategia: Valle Padana, Alto Adriatico, Abruzzo, Basilicata e Ibleo in Sicilia. In Abruzzo sono già presenti sedi di società petrolifere che potrebbero essere utilizzate come basi logistiche per lo sviluppo di nuove attività estrattive nel meridione. In Sicilia, si potrebbe sviluppare il settore dell’impiantistica offshore.
Queste le premesse per un nuovo piano strategico energetico italiano, che si preannuncia chiaro ma di difficile attuazione.