Peppino Guardiola è un uomo nato con la camicia. prodotto dalla cantera del Barcellona e ancora con i denti da latte e faccia da schiaffi, viene buttato nel centrocampo del Barcellona per smistare palloni con personalità. Non è quel campione che la stampa intravede, ma è un giocatore intelligente, e lo dimostra nelle interviste, misurate certo e non trascendentali, ma nemmeno quel contenitore di banalità cui i professionisti ricorrono per offrire un po’ di polpette di merda agli stercorari della stampa.
l’intelligenza dicevamo. l’intelligenza è anche saper usare ciò che madre natura ti ha dato in dono e nascondere i difetti. il dono è una generazione di calciatori, quella spagnola, la migliore mai sfornata dal calcio iberico, a cui va ad aggiungersi Leo Messi, un giocatore formidabile dai numeri da anteguerra. il resto lo mette Guardiola, esasperando il passing game ad una velocità mai vista: è come vedere una partita della Colombia di Maturana ma mandata avanti col 4x, e con al posto di Valderrama, il bizzarro giocatore che usava lo shampoo con pepsi e mentos, un Messi che gioca tra le linee. il resto è storia recente.
é notizia di oggi che la avventura di Guardiola al Bayern Monaco finirà nel giugno del 2016, ed il bilancio è positivo, anzi direi ottimo.
due scudetti vinti con la pipa in bocca, una coppa di lega, una supercoppa europea contro il suo nemico Mourinho e il campionato attuale che vede la sua squadra saldamente in testa. eppure in Germania si registrano mugugni, si respira una certa insoddisfazione, come se il trapianto del guardiolismo avesse avuto una crisi di rigetto. eppure la champions può essere ancora vinta, anche da allenatore dimissionario. Jupp Heynckes dimostra che è possibile.
la prossima sfida sarà guidare il Manchester City e il suo portafoglio immenso. un’altra tappa poco coraggiosa di Guardiola, che sembra improntata al rischio minimo di insuccesso. ma in fondo è anche questo segno di intelligenza.
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