Nuove forme di narcisismo? Il selfie

Da Sessuologiacagliari @DessiAntonio
Qualche sera fa mi trovavo ad una cena ed ad un certo punto si è aperta una discussione sul tema deiselfie, gli autoscatti che si possono fare tramite smartphone e che spesso vengono postati sui social network o inviati tramite chat. Diverse persone discutevano del fatto che oggi si parla spesso della sindrome da selfie, secondo cui  il Web 2.0 può incrementare aspetti della personalità meglio noti agli esperti come narcisismo.
Pertanto, spesso di parla di disturbo narcisistico di personalità connesso all’azione di postare una foto sui social network ed attendere i tanto famigerati like. Come mi disse un professore di psichiatria all’università: “i narcisisti non sono certamente quelli che si guardano allo specchio e basta“. Poiché non vivo in una caverna, spesso mi è capitato di osservare il fenomeno dei social network e di quello che succede nella rete. Spesso ho visto varie persone postare i tanto famigerati selfie. E’ una pratica ormai molto diffusa, tanto che lo fanno i più piccoli e le persone più anziane.L’etichetta di disturbo narcisistico di personalità mi sembra alquanto esagerata e sopratutto decontestualizzata, nel senso che le analisi che ho letto rispetto a questo fenomeno, non considerano la natura dei social network e la loro funzione. Non sono certamente circoli letterari o gruppi di espressione della propria emotività o affettività. Sono luoghi dove la comunicazione è molto veloce, anzi, la più vincente è quella più veloce. Le persone non si soffermano a leggere post lunghissimi. E spesso l’immagine è un modo per comunicare un concentrato di contenuti e per mostrarsi agli altri. Consideriamo il fatto che spesso i selfie vengono fatti in situazioni diverse. Durante un escursione, durante il tragitto da casa a lavoro … velocità. Comunicare agli altri qualcosa utilizzando ciò che di più veloce si possiede. In questo senso vedo anche un eccesso di interpretazione da parte di certi autori, di quelle che sono le motivazioni personali più profonde che spingono ad un selfie. Spesso non si riconosce che l’evoluzione della comunicazione e delle nuove modalità di comunicare tra le persone incontra la tecnologia, che altro non fa che offrire nuovi strumenti per fare qualcosa che in realtà è sempre esistito. Pensiamo per esempio ai ragazzi a scuola che dopo una gita portavano in classe una foto di gruppo e la facevano girare e firmare da tutti, con dediche e contro-dediche. Ne ho collezionato ovviamente tanti di questi selfie della preistoria. Non esisteva la velocità del selfie 2,0, ma sicuramente quello era sicuramente un selfie di vecchia generazione. Da un altro punto di vista, ho spesso sentito parlare persone che utilizzano i selfie, che ad un certo punto, li usano per dare un’immagine a ciò che hanno scritto, per mostrarsi in un momento particolare in cui hanno scritto qualcosa, e a volte anche per ricevere un feedback da parte degli altri. Se si ha una tavolozza con 6 colori se ne useranno 6, ma se la tecnologia ne ha offerto ora 12? Spesso esiste una eccessiva patologizzazione molto facile delle pratiche 2.0, forse perché sono veloci, forse perché richiamano in maniera molto forte le altre persone. L’equilibrio e la non demonizzazione sono la via auspicabile. Il social network è un diario digitale. La vita non è certo la dentro, se non in casi in cui persone soffrano di una dipendenza da internet e social network e si rifugino li. Ma qui apriamo un altro discorso che vorrei affrontare in altri post. Sicuramente il diario digitale è un luogo che le persone possono utilizzare anche in linea con i propri stili di personalità. O meglio, il proprio stile di personalità interagisce con queste piattaforme. In generale ciò che può essere visto come un disturbo, per esempio il mostrarsi e aspettare un commento da parte di altre persone, può essere anche letto come la modalità con cui la persona costruisce la propria esperienza emotiva. Sebbene possa sembrare una cosa “da grandi”, in realtà queste modalità di scambio affondano le proprie radici nell’esperienza di vita e la storia di attaccamento della persona. Lasciando un discorso più articolato ad altri post, in generale la ricerca di feedback non è altro, a volte,  che la richiesta di definire emozioni che non si riescono a definire. In questo senso esistono stili di personalità, e in questo non vi è alcuna patologia, che per la loro storia di attaccamento hanno sviluppano una costruzione della conoscenza e della propria esperienza emotiva basandosi sull’esterno, ovvero sul modo in cui si vedrebbero se si osservassero per così dire dall’esterno. Inoltre, alcune configurazioni di stili di personalità cercherebbero di ricavare le informazioni circa il modo più opportuno di procedere. L’incrocio di queste due caratteristiche, tendenzialmente, e parlo solo di ipotesi e a seguito di studi fatti di psicoterapia cognitiva, non porterebbe, nel decorso psicopatologico, ad una strutturazione di personalità narcisistica, ma di diverso tipo. Pertanto è il caso di dire che la complessità del fenomeno non può sicuramente essere ridotto a “selfie = narcisista, o società narcisistica“, “comportamenti narcisistici“, perché, dal mio punto di vista le variabili da considerare sono davvero tante, inclusa un’analisi sociologica, ma sopratutto di contesto. Facebook, Twitter, ecc… non nascono per essere dei luoghi di espressione delle emozioni, di condivisione profonda, come potrebbe avvenire in una relazione umana, e l’analisi di caratteristiche di personalità potrebbe essere sicuramente falsata. Sicuramente potranno esserci delle eccezioni, che meritano un ulteriore analisi, ma è anche vero che non tutte le persone che postano selfie hanno una personalità narcisistica, così come diversi studi americani vorrebbero dimostrare. Pertanto il selfie può divenire uno strumento in più, a servizio di una comunicazione 2.0 che possiede certamente regole e peculiarità differenti da una comunicazione reale, vissuta ed emotivamente attiva, ma non per questo da demonizzare.


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