Le donne che hanno abortito, rispetto a quelle la cui gravidanza ha potuto proseguire, si mostravano in media il 114% più portate a stati di ansia e depressione, a prescindere che l’aborto fosse spontaneo o “scelto”. Su questo studio è interessante il commento della dottoressa Priscilla Coleman, professoressa allo Human Development and Family Studies della Green State University in Ohio: «Anche in una cultura in cui l’aborto è diffuso e viene ordinato dal governo dopo che le donne partoriscono già una volta (nella Cina moderna è ancora vietato avere più di un figlio a famiglia, ndA), l’entità dei rischi psicologici è paragonabile a quelli individuati in altre parti del mondo». Sui legami tra aborto e sindrome post aborto abbiamo creato un apposito dossier.
A ulteriore dimostrazione della follia di questa Cultura della Morte di cui siamo vittime, un altro studio conferma invece che la naturale bellezza del miracolo della vita è anche un’arma potentissima contro una delle peggiori piaghe che colpiscono le donne: il tumore al seno. Il dottor Hatem Azim, oncologo presso il Jules Bordet Institute di Bruxelles ha effettuato in un periodo di 5 anni uno studio approfondito su 333 donne, di età fra 21 e i 48 anni, che è rimasta incinta dopo una diagnosi di cancro al seno e un gruppo di controllo di 874 donne con diagnosi di cancro al seno simili, ma che non erano rimaste incinta. I risultati sono i seguenti: «Diventare incinta in qualsiasi momento dopo una diagnosi di cancro al seno non aumenta il rischio di ricaduta, anche se la gravidanza si verifica durante i primi due anni dopo la diagnosi. Inoltre le pazienti che iniziano una gravidanza sembrano sopravvivere più a lungo rispetto a quelle che non lo fanno». Un’ennesima vittoria della Scienza contro lo scientismo. Sui legami tra aborto e cancro al seno abbiamo creato un apposito dossier.
Marzio Morganti