Il film racconta la storia di Salvatore di Vita (interpretato da Salvatore Cascio, poi da Marco Leonardi e, infine, da Jacques Perrin), che, cresciuto nel paesino Siciliano di Giancaldo con la madre e una sorella più piccola, coltiva una profonda amicizia con Alfredo (Philippe Noiret), il proiezionista del cinema parrocchiale, costretto dal prete a tagliare dalle pellicole tutte le scene d'amore. La narrazione avviene però in retrospettiva, poiché il film si apre con Salvatore che, ormai adulto e regista affermato residente a Roma, riceve una telefonata che lo avvisa della morte di Alfredo. Questa comunicazione risveglia in Salvatore, che non torna a Giancaldo da quando se n'era allontanato poco pià che ventenne, il ricordo delle vicende vissute durante l'infanzia e la giovinezza. Vediamo allora Totò (come lo chiamano tutti) imparare a maneggiare il proiettore, salvare Alfredo dall'incendio del cinema, effettuare le prime riprese e innamorarsi di Elena (Agnese Nano, poi Brigitte Fossey), da cui, però, presto lo dividono molte circostanze avverse e motivazioni che rimarranno sconosciute ad entrambi per anni.
Proprio la morte di Alfredo, che aveva insistito affinché Salvatore lasciasse Giancaldo e iniziasse una nuova vita a Roma, lontano da tutto e da tutti per potersi dedicare alle proprie passioni e non lasciarsi soffocare dalla monotonia e dal grigiore della vita del paesino, permette la ricomposizione della storia. Il ritorno permette infatti a Salvatore di incontrare per l'ultima volta Elena, nel frattempo sposatasi con un suo amico d'infanzia, che svela finalmente la verità sugli eventi di gioventù.
Il film è piuttosto lungo (vi sconsiglio di seguirlo, come ho dovuto fare io, seduta in cucina con i gomiti sul tavolo), ma mai noioso: i colori, le musiche, la successione di momenti comici e drammatici creano una narrazione scorrevole, fluida, in cui alle vicende vere e proprie si intrecciano profonde riflessioni su un tema sempre attuale: quello del futuro, delle scelte per la vita, delle occasioni vissute e di quelle perse.
La figura di Alfredo è fondamentale perché porta nel film una verità che nessuno vorrebbe mai ammettere, rivelando il pericolo dell'attaccamento ai luoghi dell'infanzia, ai ricordi e alle rassicuranti abitudini di tutti i giorni, fattori che possono minare la realizzazione di un sogno o la stessa scoperta delle proprie ambizioni. Eppure la durezza di questa ammissione si stempera nella consapevolezza che, anche abbandonando casa, al ritorno si può trovarvi qualcosa di nuovo, inaspettato e ancora pulsante, come quell'inaspettato dono che Salvatore riceve dalle mani della vedova di Alfredo e che ci accompagna lungo gli ultimi, commoventi minuti del film.
C.M.Vattinni, chista è terra maligna! Fino a quando ci sei ti senti al centro del mondo, ti sembra che non cambia mai niente. Poi parti. Un anno due, e quanno torni è cambiato tutto: si rompe il filo. Non trovi chi volevi trovare. Le tue cose non ci sono più. Bisogna andare via per molto tempo, per moltssimi anni, per trovare, al ritorno, la tua gente, la terra unni si nato. Ma ora no, non è possibile. Ora tu sei più cieco di me. (Alfredo)