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Nuovo corso e vecchie torte

Creato il 18 settembre 2012 da Rightrugby
Nuovo corso  e vecchie torteSilenzio, parla il Gavazzi Alfredo nuovo presidente Fir in carica, delineando i temi d'azione per il suo quadriennio. Lo fa  al romano Corriere dello Sport e troviamo che ci siano degli spunti di interesse.
Diciamo in sintesi che l'uomo vuol tracciare il solco e quindi innovare, ma lo fa guardando indietro, o meglio "da dietro" quelli più avanti qua vicino, facendo cherrypicking tra pratiche estere e mentalità correnti. Non traspare un disegno complessivo, ancorché mutuato da esperienze lontane (notorio ad esempio la fascinazione di Munari per il modello argentino: certo, piacerebbe anche a noi, ci fossero i criquet, rugby y polo clube che han laggiù), anche se un certo "movimentismo" non manca. Un muratore sveglio ma senza architetto insomma: rischio incombente di forno per pizza in taverna e nani in giardino ...
Partiamo con le quisquilie: il Gavazzi liquida lo scambio di messaggi con Benetton post elezioni come polverone mediatico, ribadendo ancora una volta il suo "ti stimo fratello"nei confronti del club della Marca. Ha ragione, è un polverone; ma visto che non è nato ieri, dovrebbe sapere che razza di medioman tarati sui modelli calcistici tutti titolòn e bandieròn galleggino nell'informazione sportiva; si spera che la lezione gli serva, e la prossima volta trattenga nella strozza cavolate freudiane tipo "in campagna elettorale sono stati usati metodi leciti e meno leciti".
"Vogliono farci litigare", afferma il Gavazzi: si riferisce solo ai giornalai o indica "mandanti", qualcuno che abbia l'interesse a tener alta la tensione? Se crede di poter reclamare "non voglio noie nel mio locale" come in epoca dondiana, allora non avrebbe capito cos'è successo stavolta. Ivi incluso rischio di disimpegno dei Benetton, fatto che ovviamente non lo turberebbe minimamente anzi: in Federazione e non solo, sono pronte in fresca da anni le bottiglie di champagne per festeggiare l'evento.
Ulteriore spunto "all'indietro" è come il neo Presidente liquidi la questione Aironi-Zebre. La versione ufficiale del plenipotenziario ad acta nominato nell'estate da Ponzio Pilato Dondi, resta l'improbabile obtorto collo: «Se fosse stato possibile (salvare gli Aironi, ndr), l’avremmo fatto. Non avevamo alcuna convenienza a mettere in piedi una franchigia federale». Basta tradurre quel "possibile" in "conveniente sul piano del potere" e tutto si compone. Resta palpabile una certa sua distanza dal neonato quadrupede non purosangue parmense.
Lasciamo il passato e veniamo alle grandi strategie per il futuro.
Partiamo con una sua affermazione apparentemente banale: "«Nel rugby non s’inventa niente. Il Galles, a mio avviso la nazionale che oggi gioca meglio, ha lavorato benissimo sui giovani nella prima metà degli anni Duemila, per poi imporsi a livello assoluto».
Nel Galles come in tutti gli altri Paesi rugbisticamente dominanti, il lavoro sui giovani non nasce "nella prima metà degli anni 2000" ma è una costante, sostenuto dal sistema educativo. Aldilà di questo c'è però un senso importante: non si ottiene nulla un giorno per l'altro, bisogna iniziare a lavorare seriamente dalla base, per ottenere risultati nel medio-lungo termine. Il traguardo che il Gavazzi s'era fissato in una intervista precedente erano i mondiali giapponesi del 2019, per Londra chi ha dato ha dato. Di più, al "non vinciamo mai" del giornalaio di turno, il Gavazzi contrappone un deciso il tempo e il ptenziale giocano a nostro favore: «I 70.000 all'Olimpico hanno impressionato i nostri partner: se loro sono tecnicamente più avanti di noi, il futuro è qui. Chi può crescere più dell’Italia?».
Questo, accompagnato alla attenzione riproposta per la formazione e lo sviluppo dei tecnici («Dobbiamo creare una Coverciano del rugby»), farebbe ben presagire.
Invece alle belle intenzioni purtroppo corrispondono idee un po' da orecchiante. Intendiamoci, è pur sempre un passetto avanti rispetto al "nicht fur uns, alles fur Azzurri" dell'era dondiana: difatti nell'intervista Gavazzi la Nazionale manco la nomina, era ora.
Quali sono le idee del Gavazzi Alfredo per sviluppare la base?
La piramide si fonderebbe sull'idea non a caso faraonica già esposta all'inizio della campagna elettorale, quella delle Accademie distribuite sul territorio: «Il mio progetto prevede una ristrutturazione del sistema delle accademie. Una base di 24 centri di formazione Under16, poi 12 accademie provinciali Under18/19 lì dove ci sono i numeri e le strutture – Milano, Brescia, Treviso, Roma – in modo da coprire l’intero territorio nazionale, e all’apice i club di Eccellenza. L’obiettivo è anche tenere i ragazzi il più vicino possibile alle famiglie e alla propria scuola». Unico sano dubbio, riguarda il futuro della Madre di tutti i fallimenti Accademici, Tirrenia: «E’ possibile che rimanga come centro d’elite», è possibile - tiè Saccà.
Strana l' idea geografica gavazziana di tenere "i ragazzi vicini alle famiglie" concentrandoli su 12 o 24 centri in un Paese lungo, che conta venti regioni e un centinaio di province. E poi, benedett'uomo, non sarebbe più logico oltre che naturale, lasciar le Società deputate a formare e sviluppare i ragazzi? Non sarebbe meno costoso oltre che più efficace, invece di far muovere i ragazzi, far girare i tecnici federali nelle società del territorio in qualità di ispettori (e formatori dei formatori)?
Francamente pare un'idea maturata nei pensieri di chi abbia esperienza di realtà sportive dai vivai fragilini, che ora si aspetti che la Federazione glie li sistemi. Di più, l'output rischia di essere il solito castellone centralista, vòlto a generar stipendi e quindi fedeltà; solo smistato un po' più in giro di prima, a beneficio dei cacicchi locali; ricorda tanto quel "federalismo de'noantri" che a livello politico ha prodotto auto, ville e cene a base di ostriche per i beneficiati regionali e ulteriori oneri e balzelli con servizi sempre più remoti per chi paga.
C'è anche spazio nella mente fervida del Gavazzi per il copiaincolla delle pratiche più retrive dal calcio e dal rugby dei Paesi cosiddetti evoluti: «In certi ruoli dovremmo individuare qualche isolano (del Pacifico, non siculo, sardo o del Giglio, ndr) che a 16-17 anni sia disponibile e farlo crescere da noi. Ormai lo fanno tutti. Non dico cinquanta, qualcuno».
La tratta dei ragazzini è un segno (miope) dei tempi che cambiano (in peggio); vorrà dire che dopo l'epopea conclusa degli oriundi argentini - che almeno portavan quasi tutti cognome italiano ma che han lasciato buchi che ancor oggi scontiamo, entreremo anche noi nell'era dei Fijiff come li chiamano in Francia, acronimo sorto mescolando "figiano" con la sigla che designa i giocatori di cosiddetta "formazione nazionale". Non avendo noi basi nel Pacifico contrariamente a francesi e inglesi, ovviamente dovremo accontentarci delle seconde scelte: è il destino dei followers.
Salendo di livello, emerge del buono in mezzo al meno buono nelle intenzioni del presidente. Il buono: «Ogni squadra celtica dovrebbe poggiare su quattro club d’elite e avere in organico 12 giovani con doppio tesseramento, che possano giocare sia in Celtic che in Eccellenza. Così si porta il territorio ad identificarsi con la franchigia». Deo gratias ci sono arrivati finalmente, alla faccia di chi insisteva nell'apartheid per farsi i suoi giochini locali coi fioi, ecco stabilito un inizio di missing link tra Eccellenza e Celtiche! Vedremo se questo Consiglio Federale, tra dondiani doc ed esponenti del localismo più "old skool", glie la passerà.
Siccome quattro (club Eccellenti) per franchigia è gestibile, ma nel famoso "Paese Lungo", dodici per due (Celtiche) no, ne deriva la necessità di aprire la famosa Terza Franchigia Celtica. Sarà solo una favoletta sega-Zebre, tipo "Southern Kings de'noantri"? Secondo il Gavazzi no: anche gli scozzesi vorrebbero la loro terza, sostiene, e noi ci mettiamo in scia.
Rimane il problema di chi ci giocherebbe, viste le difficoltà di Zebre e prima Aironi a identificare personale di livello. Le idee son sempre quelle trite dei tempi di Dondi: della serie, se esponi giovani "normodotati" ai raggi della Kriptonyte celtica per un tempo sufficiente, aggiungi un pizzico di allenatore francese e agiti prima dell'uso, otterrai inevitabilmente dei Superman.
A noi pare si rischi di ottenere solo una ennesima generazione di abituati a perdere, ma tant'è; per rimanere nella locuzione romanesca best seller qui da noi, il fascino di un "Connacht de'noantri" colpisce sempre - come se non ne avessimo già uno.
Per dimostrare che si può fare, il Gavazzi Alfredo snocciola conteggi (ovviamente manco nominando gli stranieri, salvo i Fijiff che però arriveranno nel futuro) che vi e ci risparmiamo; puoi girarla come vuoi, resta il fatto incontrovertibile che l'Italia nel breve non dispone di 100 giocatori di alto livello (magari!). Si preparino tra l'altro i club Eccellenti a nuove, più estese spoliazioni di talentini. Così imparano a votarselo.
Aldilà di chi gioca, il punto critico è piuttosto come la si paga la Terza Celtica. Ci sono le centinaia di Accademie da aprire, le Zebre già sul groppone federale ... Vaste Programme. Beh, Gavazzi ha già messo gli occhi sul contributo d'iscrizione alla Lega Celtica (un milione a franchigia a stagione se non ricordiamo male, a totale carico federale): dal prossimo giro smetteremo di pagarlo, sostiene. Vedremo quei "ragni" dei nostri partner come la vedono.
A proposito di soldi, di tivu ovviamente non si parla, del resto è oggettivamente prematuro farlo in Italia. Non lo è invece a Dublino, dove oggi si apre il meeting della ERC. All'ordine del giorno il futuro delle Coppe Europee post 2014. Gli inglesi arrivano bellicosi con tanto di nuovi lucrosi contratti siglati in tasca come sappiamo; i francesi guardano con l'acquolina in bocca ma per adesso affermano "buonisti", ci piacerebbe tanto giocare anche le celtiche, veramente veramente. Vedremo; il rischio è che le "torte" (Irb, Rbs) da cui Dondi ha saputo ricavarsi una fetta non trascurabile e su cui Gavazzi conta tanto da nemmen pensare diversamente, possano fatalmente cambiare. In tempi rapidi.

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