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Nuragus di Cagliari

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Nuragus di Cagliari

La zona vinicola


La zona vinicola del Nuragus di Cagliari coinvolge il territorio di numerosi comuni sparsi tra le provincie di Cagliari, Oristano, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias. Si tratta di una vasta area che coinvolge quasi tutta la Sardegna meridionale e centrale, con processi di orogenesi simili ma anche dalle diverse peculiarità geologiche, dove i terreni differenti riescono a produrre diversi risultati sulla medesima uva. Qui viene sfruttato il Nuragus, antico vitigno sardo molto presente in queste provincie. La zona vinicola è dunque vasta e variegata. In queste provincie la vite è coltivata fin dall'antichità, probabilmente introdotta in epoca fenicia e cartaginese. Inizialmente ostacolata per favorire la coltivazione in madrepatria, la viticoltura fu poi favorita dall'antico popolo tanto che la leggenda vuole che il figlio di Annibale, Amilcare, abbia passato qui gli ultimi anni della sua vita coltivando la vite. Alcune risultanze storiche confermano l'espiantazione iniziale delle viti locali per favorire le importazioni, ma anche il successivo ripensamento, che fece trovare ai Romani buone estensioni coltivate così da ingrandire immediatamente il commercio.

I Romani ci hanno lasciato infatti numerosi reperti archeologici che testimoniano come la zona fosse costellata di fattorie con annesse cantine vinarie. La produzione di vino della zona con il vitigno Nuragus fu florida e ricca fino alla caduta dell'impero che portò con se anche la distruzione delle invasioni barbariche e la caduta del commercio.

Fu solo con l'avvento delle due Repubbliche marinare, genovese e pisana, che i commerci ripresero con una buona frequenza e l'isola ricominciò le sue esportazioni con tale vigore che la successiva caduta delle due repubbliche non compromise stavolta la coltivazione nell'isola, che in questa zona anzi iniziò a dotarsi delle prime legislazioni a difesa dei propri vini. Un esempio fu la Carta de Logu, legge emanata nel 1395 grazie ad un giudice donna, Eleonora d'Arborea, in cui si prendevano una serie di misure per aumentare la qualità delle produzioni. L'area poi fu interessata dalla dominazione spagnola del Quattrocento e quella poi definitiva dei Piemontesi che non intaccarono affatto le produzioni, migliorandole e aumentandole anche con l'introduzione di nuovi vitigni oggi adattatisi perfettamente alle condizioni pedoclimatiche dell'isola. Qui il suolo garantisce una grande qualità per i vini da produrre con le varie specie di uve.

I vitigni bianchi


Il Nuragus è chiaramente il vitigno utilizzato in questa denominazione anche se si possono utilizzare dei tagli al 15% con gli altri vitigni autorizzati nella regione.

È molto antico e presente nella provincia di Cagliari da tempo immemorabile e con notevoli estensioni, che occupano il 40% di tutti i terreni coltivati a vite. Molto presente anche nella provincia d'Oristano. Le produzioni sono molto alte, tanto che sul finire del Novecento, negli anni Ottanta, erano circa 1 milione gli ettolitri prodotti. Da allora il vitigno ha però perso terreno, nonostante la qualità sia stata migliorata, a favore di altre viti più famose. Oggi i vini derivati dal Nuragos riescono a raggiungere una produzione di soli 300.000 ettolitri, cifra che si attesta ad un 30% della produzione della zona su una superficie vitata di circa 3.300 ettari. Probabilmente il vitigno fu introdotto dai Fenici, a partire dal loro porto commerciale di Nora, situato sulla costa su cui si affaccia la pianura del Campidano meridionale. Il nome infatti si ipotizza derivato proprio da questo porto in cui il prefisso nur avrebbe origine fenicia. D'altronde l'area ha una forte presenza di questo vitigno, il che sembra un indizio importante nel confermare l'origine fenicia della coltivazione. La sua produzione non raggiunge certo le qualità del Vermentino, ma ha comunque avuto una buona popolarità anche tra gli ampelografi sardi, molto impegnati nella sua descrizione. Questo anche perché il vitigno ha sempre avuto molta diffusione nella zona, pur senza avere una produzione di qualità. Ma la quantità è stata sempre comunque assicurata, fattore importante nel passato quando il vino era bevuto come bevanda quotidiana. Il Morris lo chiamava vitis abundans proprio per questo motivo, così come il Cara che lo aveva chiamato Abbondosa. Il Cettolini invece lo chiamava Axina de pòberus, Axina de margiani, o Axina scacciadèppidus. Per il Lolli invece era semplicemente Uva di Cagliari. Il vitigno era comunque descritto nel Trecento. Estremamente facile da coltivare, il Nuragus si vinifica in purezza, con qualche taglio con altre uve locali per vinificazioni in stile Madeira e per i Vermuth. Viene vinificato anche frizzante e amabile. Nel caso dello spumante le uve vengono vendemmiate anticipatamente per sfruttarne la maggiore acidità. I vini sono di un paglierino scarico venati di verde. Il naso floreale con fiori bianchi, e poi frutta, mela verde e qualche agrume. Alcolico, si distingue per l'equilibrio tra freschezza e sapidità. Bene con i fritti di pesce, i crostacei o molluschi. Da provare anche con le zuppe a base di pesce.

Il Nuragus di Cagliari DOC


La denominazione di origine controllata Nuragus di Cagliari DOC nasce nel 1975 grazie al decreto del presidente della repubblica per autorizzare la produzione di vini bianchi in due tipologie, ferma e frizzante, a partire da almeno l'85% di uve Nuragus. Le rese dei vigneti sono limitate a 16 tonnellate per ettaro. I vini sono paglierini, amabili e di gusto delicato.

I produttori


Argiolas vinifica il Nuragus di Cagliari DOC con un prezzo molto basso, anche se di discreta qualità. Il colore paglierino apre ad un naso neutro e delicato, con frutta esotica e pera williams. Aromatico e persistente, il palato si abbina perfettamente con le linguine ai frutti di mare.

Il Nuragus di Cagliari Pedraia di Cantina Santadi ha dei riflessi oro e un naso alla frutta bianca e burroso. Fresco, va bene con le linguine alla bottarga.


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