NWO: c’è chi dice sì!
Creato il 01 novembre 2012 da Tnepd
Mario Draghi non perde occasione per ricordarci che la cosa migliore per uscire dalla crisi economica è la cessione di parti di sovranità, supportato in questo dai massimi esponenti politici italiani, Monti e Napolitano. Non so cosa stia accadendo nelle altre nazioni europee, ma immagino che succeda la stessa cosa, benché in maniera più blanda, dato che la crisi pare si senta meno da quelle parti.
Non capisco, inoltre, perché queste manovre d’instaurazione del Nuovo Ordine mondiale debbano cominciare dai paesi mediterranei che furono culla di civiltà per l’Occidente, ma che in tempi recenti hanno fatto molti passi indietro. Qualcuno ha avanzato addirittura l’ipotesi che l’Italia in particolare sia un laboratorio sociale per i piani della massoneria. Come dire: se funziona in Italia, funziona anche nel resto del mondo. Che c’entri qualcosa la presenza del Vaticano?
Finalmente sono riuscito ad intervistare un amico che stimo molto per le sue capacità di ragionamento, cultura ed equilibrio, e l’ho fatto in un momento in cui mi ha veramente preoccupato, quando cioè l’ho sentito dichiarare che l’instaurazione del New World Order non sarebbe necessariamente un male assoluto.
Per noi studiosi di complotti, abituati a vedere nel NWO una dittatura come non ce n’è mai stata nella storia umana, è quasi una bestemmia.
Mauro Della Schiava ha 43 anni, è padre di tre bambini preadolescenti, fa il cuoco nella scuola elementare di Mortegliano ed è laureato in storia. Fu proprio davanti alla sua scuola che, indicandogli le tre bandiere esposte sopra l’ingresso, l’aquila simbolo del Friuli su fondo blu, il tricolore italiano e le stelle in cerchio su fondo azzurro dell’Europa, che un giorno gli dissi: “Vedi quelle bandiere? Prossimamente che ne sarà una sola, quella del governo unico mondiale, che soppianterà tutte le altre”.
Pochi giorni fa, dopo lunga gestazione, gli ho chiesto:
Su un punto siamo d’accordo: sulle manovre della massoneria in merito all’unità d’Italia, di cui il Friuli, come anche altre realtà locali, ha fatto le spese, con il problema della sparizione della lingua tuttora vivo e attuale. Cosa mi puoi dire, in estrema sintesi, considerata la tua laurea in Storia, sull’annessione del Friuli, preso a paradigma, a quella realtà attualmente allo sfascio che si chiama Repubblica Italiana?
Riposta complessa ma, storicamente parlando, la domanda è in antitesi con il metodo storiografico, in quanto contiene già implicitamente la risposta, viziando, piegando la storia alle proprie passioni. Le sfumature di grigio fanno parte naturale della storia, non di certo le tinte univoche e monocromatiche. Posso risponderti in maniera onesta ammettendo le mie passioni, senza nascondermi dietro ineluttabili ragioni. Il Friuli, questa parte di storia e di mondo, ha subito così tante invasioni, che quella italiana è solo l’ultima della serie. Intendiamoci, esiste un contatto forte con la cultura latina che non è in discussione, ma il punto non è questo. Il punto è politico non culturale, in quanto si ignora la diversità locale, figlia di una geografia e di una storia diversa. Qui le genti delle tre più grandi culture europee si incrociano: latina, tedesca e slava. In questo miscuglio alchemico linguistico nasce anche il friulano, lingua ed espressione di un popolo troppo spesso maltrattato e soggiogato. Ancora oggi non ci viene riconosciuta dignità, ma si continua a voler rendere i friulani (e a maggior ragione le popolazioni slavofone e germanofone) più italiani degli italiani stessi, fedeli a quella pellicola del periodo fascista e ancor prima del centralismo nazionalista risorgimentale, ideologico, che definiva il Friuli la sentinella d’Italia e non il ponte d’Europa. Ci sarebbe tanto da aggiungere citando Aquileia, ad esempio, e il simbolismo attribuitole durante la prima guerra mondiale, ma sarebbe lunga. Di certo, per parlare di massoneria in Friuli, questa ebbe terreno particolarmente fertile dopo il 1866, anno dell’annessione di parte del Friuli al Regno d’Italia. Il Friuli è un territorio, oggi come ieri, fatto da tanti paesi rurali legati, fino ad ancora pochi decenni fa, alla figura del parroco. Conservatori e poco propensi alle novità. La massoneria ha trovato terreno fertile nelle poche città del territorio dove, ritengo, la fame di “emancipazione” da tali modelli ha attecchito con più facilità. Di fatto a Udine si ha traccia di massoneria dal 1797, ovvero durante l’occupazione francese, mentre sotto gli austriaci non c’erano le condizioni. Di fatto il movimento autonomista (non indipendentista) friulano della fine anni ’60, nasceva per iniziativa principale dei sacerdoti e con esso le rivendicazioni, non ultima quella dell’università. Non credo che la massoneria in genere sia amica dell’autonomismo friulano, per le ragioni storiche e culturali già citate. Il friulano è relegato al ruolo immeritato di cultura subalterna e sminuito, ignorandone l’approfondimento e quindi ogni possibile valore al di fuori dei pregiudizi stereotipati costruiti in questi anni. La scuola, la chiesa gerarchica, l’ignoranza degli stessi friulani, ma soprattutto della gran parte degli intellettuali friulani, hanno una responsabilità molto pesante in questo genocidio culturale, voluto e pianificato senza troppi scrupoli.
Se giriamo il Friuli di oggi, la gente si sente “accettata”, quando si conforma al sistema vigente e dominante, parla italiano e abita in case fatte in serie. Non vi vedo tratti culturali rilevanti per poter affermare che esiste coscienza di una diversità che si relazioni al – concedimi la licenza poetica – cerchio della vita.
Su un altro punto siamo in sintonia, ed è l’argomento che ci ha fatto conoscere e diventare amici: le Frecce Tricolori e l’esercito in genere. Puoi spiegare ai miei affezionati lettori in cosa consistono i presidi davanti alla base aerea della Pattuglia Acrobatica Nazionale, a Rivolto, in riferimento soprattutto al perché li facciamo?
Io il militare l’ho fatto, quindi conosco anche dal di dentro la questione. Un’esperienza positiva per il fatto di aver conosciuto tanti ragazzi come me che venivano da tutto lo stato italiano. Negativa, per la disciplina e per i dogmi formativi, acritici, a cui eravamo sottoposti. In seguito non ho potuto esimermi dal prendere coscienza dei costi che un tale apparato comporta. Non solo l’utilizzo dello strumento “guerra”, o come si dice oggi peacekeaping, ma delle sue implicazioni sociali dirette. Un esempio? Chi pagherà i 29 miliardi di euro per i 131 cacciabombardieri acquistati dall’Italia con voto bipartisan? Cosa si taglierà per tutto questo? In una situazione di crisi, poi! Le armi, in questo caso uccidono ancora prima di iniziare ad essere usate. Vogliamo parlare della propaganda che celano? La Pattuglia Acrobatica Nazionale (PAN) è supportata nelle sue esibizioni da aziende come Airmacchi e Fincantieri. Col pelo sullo stomaco che ci hanno fatto crescere è facile sentire oggigiorno: “E allora? Sai quanti lavoratori ci sono?”. Io dissento, perché uccidere mi pare amorale e un’industria si può convertire. L’empatia dovrebbe sdoganare la nostra visione ombelicale e immaginare cosa significa essere sotto quell’assordante rumore che uccide.
Io ho visto e sentito decollare i caccia che da Aviano partivano per bombardare la Libia di Gheddafi e il solo rumore era terrificante. Pensare che le bombe siano intelligenti e che uccidano solo i cattivi (chi definisce chi sono i “cattivi”?) è un pretesto per non pensare a quello che accade. Nella mia terra, nel mio paese, ci sono ancora ferite, buche delle bombe della seconda guerra mondiale, schegge di granate e ogni tanto sbuca qualche bomba inesplosa. Mia nonna mi raccontava di quando, disperati, scappavano a cercare rifugio dentro il campanile, mentre suonava la sirena dei bombardamenti. Io questo lo devo dimenticare o devo farne memoria? Su questa base contesto la propaganda, la cartina al tornasole che la PAN compie. Inoltre, sotto le ali tricolori si cela il disprezzo, l’ennesimo, per la gente dei piccoli paesi limitrofi.
A Grado durante la sua esibizione estiva, fanno sgombrare tutta la battigia per ragioni di sicurezza. La stessa pattuglia rimane a centinaia di metri dalla costa per la stessa ragione, eppure quando viaggiano sopra i paesi, sopra le teste delle persone, passano e se ne infischiano del pericolo che fanno correre, dell’inquinamento che provocano, dei bambini piccoli terrorizzati da quei rombi a bassa quota, o degli animali spaventati a morte. Ramstein, nel migliore dei casi, diventa un gruppo rock, ma di certo non un monito con i suoi 67 morti nel 1988. Il tutto si riduce ad una richiesta ridicola di danni per i coppi che si muovono, soldi mai visti, ma funzionale miraggio dal sapore del mercimonio, utilizzato dai pavidi amministratori locali. La politica significa opinione e quello che facciamo a Rivolto è dire che non tutti pensano alla stessa maniera. Sappiamo che non andranno via grazie alla nostra presenza. Sappiamo pure che non cambieremo il mondo, ma sappiamo che dire “no” impedisce a chiunque di poter affermare che tutti sono d’accordo su questo stato di cose. Non siamo degli estremisti, siamo gente semplice che per venire davanti alla base, lascia il lavoro nell’orto, nel campo, in casa, per ritrovarsi e tenersi aggrappati a quella speranza che serve a non rassegnarsi, “sport”, quest’ultimo, nel quale i friulani sono veri campioni.
Poiché già nel 2008 leggevi il blog di Beppe Grillo, ricordo che fosti tu a mettermi in guardia sulla crisi economica che sarebbe sopraggiunta e in cui ora ci troviamo in pieno. Cosa pensi della situazione attuale? Hai notato che alcune previsioni avanzate quattro anni fa si siano avverate? Pensi che usciremo dalla crisi come Monti annuncia?
Non serviva Grillo per fare simili previsioni, potrei citare Illich o Latouche, che tu conosci, per far comprendere che con meno prosciutto sugli occhi, questo non è un sistema che può continuare. Guarda le migliaia di macchine che si muovono ogni giorno, pensi davvero che il sottosuolo sia infinitamente ricco di petrolio da prometterci un’infinità di chilometri? Guardati intorno, ci sono paesi, i nostri paesi, che si “emancipano” costruendo quelli che negli USA erano i suburbi. I centri si svuotano come ciambelle, e si cresce costruendo case nuove fatte in serie, con l’unico parametro efficientista ed economico. Un testo di storia americana parlava di quei luoghi come massificanti ad un livello tale che il proprietario di una di quelle case riconosceva la sua abitazione dalla biancheria messa a stendere fuori.
Il problema non sta solo nella massificazione, ma anche nel consumo del territorio. Un terreno reso perpetuamente sterile sottolinea in questo modo ancora di più la mancanza di autonomia (non autarchia/indipendenza) alimentare dello stato italiano. Inoltre, si continua a rimarcare un concetto antropocentrico anacronistico, dove l’uomo s’immagina il centro del creato quando, per usare un motto del WWF, mi pare, l’uomo non può fare a meno della Terra, la Terra, invece, può fare a meno dell’uomo. Serve un modello ecocentrico, serve rispetto, meno individualismo. Non serve scomodare la Lehman Brothers, o i crak della Envron, o i derivati, il nostro occhio coglie queste contraddizioni benissimo anche attorno a noi. Credo che il crak dovrà ancora arrivare. Lo Stato sostiene le banche in quanto le uniche in grado di acquistare i titoli di stato, ma nessuno dei due sembra in grado di sostenere le imprese, le quali pagano le persone e versano le tasse. E’ il gioco delle tre carte, ma mi chiedo come si può fare se le carte diventano due, invece di tre. Monti è un uomo di sistema, un meccanico che deve aggiustare. Non credo sia un inventore di modelli nuovi. Confido nelle persone, nella loro intelligenza. Temo ciò che è massa, perché è corrente indistinta, deresponsabilizzante. Non sarà facile, ma per sopravvivere si dovrà cambiare. Non deleghiamo ad altri quello che possiamo fare noi, ora e subito.
Come interpreti le affermazioni di Draghi, Monti e Napolitano secondo i quali è necessario perdere pezzi di sovranità nazionale e affidarci alle “cure” di Mamma Europa?
Posto il presupposto che questo stato di cose stia mostrando tutti i suoi limiti – questa non è solo una crisi finanziaria, ma anche economica, coinvolgendo anche l’accaparramento delle materie prime, sempre più carenti – se fotografo il presente senza proiezioni critiche, credo che la politica abbia da un pezzo perso la sua preminenza decisionale a discapito dei poteri economici. E’ necessario un equilibrio. Una multinazionale, per l’appunto, vola alto al di sopra dei confini. La politica è relegata alla sua personalità di diritto, non può andare oltre questi confini. Se la politica divenisse sovranazionale, io vi vedo il vantaggio di poter riequilibrare questo divario che il mondo economico ha. Un esempio? Se la Coca Cola inquinasse in un paese del terzo mondo, dovrebbe rispondere allo stesso modo, alla stessa legge di un paese europeo. Bisogna intenderci su cosa si stia ampliando. Nel Medioevo esisteva la relazione d’equilibrio tra micro e mega: quello che accadeva nel piccolo, aveva ripercussioni nel grande e viceversa. Ci mancano gli equilibri. Anche con realtà funzionanti come la UE o gli USA, serve che noi partiamo dal nostro piccolo, magari cercando solamente di essere meno superficiali, rallentare ed educarci a tirare fuori quello che sentiamo dentro, non ad essere istruiti, orientati costantemente da impulsi che da fuori invadono il nostro essere. Non ci riuscirono gli imperi dell’antichità, non ci riusciranno oggi. Il mondo è troppo complesso. L’uomo vuole controllare e nel contempo vuole perdere il controllo, una sorta di schizofrenia ancestrale: micro e mega, quello che avviene nel piccolo succede nel grande.
L’altro giorno, parlando di microchip sottocutaneo, mi hai fatto vedere sul tuo cellulare l’applicazione in base alla quale tu ora potresti già pagare un conto facendo semplicemente scorrere il telefonino sullo scanner del negozio. Non ti spaventa l’idea che tu e i tuoi figli abbiate un corpo estraneo sotto la pelle, magari inserito per legge? Non pensi che chi si rifiutasse di farselo impiantare, come il sottoscritto, diventerebbe automaticamente un barbone?
Mastico un po’ di tecnologia e la persuasione in tal senso si fa già sentire e vedere, ma credo che i tuoi timori non dovrebbero concentrarsi sui microchip. Faccio un esempio: alcune settimane fa Adriano Celentano ha tenuto un grande concerto all’arena di Verona, il giorno dopo una decina di sue canzoni erano tra le prime 30 scaricate a pagamento su iTunes. Dei classici che tutti conosciamo, eppure è bastata una serata perché la gente reagisse in tal modo. Siamo già condizionati. L’antidoto sta nello spegnere gli strumenti e accendere il cervello. Un buon libro può essere una sorpresa che non fa rimpiangere la tivù. Una serata con un amico fa sentire i limiti di una chat o di una mail. Un momento di silenzio rigenera e aiuta a contemplare quello che ci circonda. Non sei d’accordo? Io scivolo nella filosofia, ma credo che dovremmo essere più umani, accorgerci di essere vivi nei gesti più semplici del nostro vivere.
L’altro giorno ho provato a mangiare delle patatine fritte mentre guidavo, imponendomi di fare attenzione, prendere coscienza del loro sapore, della forma, del calore e del piacere che mi davano. Pur avendo presente l’obiettivo che mi ero prefissato, non ci sono riuscito. La strada, la macchina, le regole, l’attenzione, le priorità, mettevano tutto, imperiosamente, in secondo piano. Ho mangiato le patatine fritte senza piacere. La nostra vita, per la maggior parte di noi, è così, forse non voluta, ma questo è il fio da pagare e chi conosce tali meccanismi sa come fare per stimolarci e orientare la nostra direzione. Abbiamo bisogno di microchip? Già fatto. Servono antidoti a questa disumanizzazione, a questo isolamento che subiamo e al quale attribuiamo valori inesistenti. Pasolini esortava ad educarsi al bello, a ciò che eleva lo spirito, un anticorpo a quello che di brutto ci circonda. Quante cose brutte abbiamo attorno? Ma la cosa peggiore, facci caso, è con quanta facilità ci abituiamo ad esse. Cerchiamo il bello, non il futile.
Infine, la domanda clou: se credi che a problemi globali si debba rispondere con risposte globali, come afferma Veltroni, Tremonti e perfino Papa Benedetto XVI, non ti sfiora il sospetto che l’Elite mondialista usi questo pretesto come un cavallo di Troia per rendere accettabile l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale? Una volta non dicevamo “Piccolo è bello” e “Pensare globalmente, agendo localmente”? Dove andranno a finire le rivendicazioni locali nel caso venisse instaurato un governo unico mondiale? Mi pare che anche tu sia contrario alla globalizzazione. Non cadi per caso in contraddizione?
Credo di aver già risposto a questo nelle precedenti domande. In ogni caso, sarei contraddittorio se pensassi solo al mio piccolo mondo ignorando il resto o, come mi pare accada oggi, farsi invadere dal mondo, ignorando quello in cui si vive. All’uomo forte non servono i soli muscoli, serve equilibrio, così anche ai vari livelli di questo nostro vivere. Se difendo la mia lingua la devo vivere, non museificarla e, facendo questo, rendo servizio al concetto stesso di cultura nel suo senso più ampio. Si può salvare solo ciò che si conosce, il resto rischia di essere astrattismo. Quindi, voltiamoci verso la storia e vediamo di recuperare delle coordinate per capire il presente e soprattutto gli equilibri ai quali ognuno di noi tende per sua natura. Io vivo quello che conosco, ma lo devo fare a cerchi concentrici relazionali, sapendo che il mondo non termina fuori dal cancello di casa mia.
———————–
Grazie Mauro! Quando il microchip diventerà obbligatorio e io sarò impossibilitato a procurarmi il cibo, verrò sotto la finestra di casa tua ad implorare un piatto di minestra. Spero che a causa del condizionamento a cui l’oligarchia mondialista ti avrà sottomesso, la minestra non me la butterai in testa, come facevano nel Medioevo con le “spregiate crete” di pariniana memoria.
Se non avrai perduto le tue qualità morali e il senso della carità cristiana, oltre alla minestra gradirei anche un po’ di quelle patatine fritte che a te non piacciono.
Potrebbero interessarti anche :