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NYMPH()MANIAC vol. 1

Creato il 02 aprile 2014 da Ussy77 @xunpugnodifilm

49213Passando dai Rammstein a Bach e dal sesso alla depressione, Von Trier firma la sua summa?

Prima parte del kolossal porno-autoriale firmato Lars Von Trier, Nymph()maniac vol.1 (2013) appare fintamente provocatorio. Un racconto sessuale dal linguaggio elitario, dall’estetica esplicita e ben aderente allo stile del regista danese.

L’anziano Seligman, durante una nevicata, trova in un vicolo il corpo sanguinante di una donna. Il suo nome è Joe e Seligman la porta a casa per darle riparo. Joe gli confessa di essere una ninfomane ed è disposta a raccontargli la sua storia, ma lo avverte: la narrazione sarà molto lunga.

Von Trier o si ama o si odia. Non esiste la via di mezzo. Eppure Nymp()maniac vol.1 appare come la summa della sua cinematografia, che mischia l’alto (riflessioni culturali) e il basso (la sessualità come forma di piacere, come effimero appagamento). Suddividendo la sua pellicola in capitoli, ripercorre la sessualità di una donna che si definisce immediatamente come un essere umano orrendo e riluttante. L’impressione è che (come al solito) Von Trier si esprima attraverso i suoi personaggi e, anche stavolta, il regista assume due forme: quella dell’interlocutore (uomo) e quella del narratore (donna). Ed è proprio per questo motivo che l’esplicito visivo passa in secondo piano e assume un valore “fintamente” provocatorio. Le scene di sesso (fellatio compresa) si susseguono sullo schermo in modo altalenante e si intrecciano con i confronti che il vecchio Seligman effettua con riferimenti alla vita di tutti i giorni, rimandi letterari e musicali. E allora ecco che una sfida (a chi rimorchia più uomini durante una gita in treno) tra una giovane Joe e la sua amica B (per un pacchetto di cioccolatini) assume le forme di una battuta di pesca, con annesse e connesse tattiche per far abboccare i pesci grossi e quelli piccoli. E ancora l’armonia perfetta (la polifonia) si ritrova nel rapporto sessuale con tre uomini completamente diversi, ma che insieme permettono l’appagamento ninfomaniaco di Joe.

Von Trier ragiona e parla per metafore; mette al centro il sesso come motore unico, eppur si nota che il cineasta danese è alla ricerca di altro. Perché (non è un caso) le donne per lui rappresentano una “minaccia” e vede in loro aspetti del proprio profondo, che vorrebbe saper controllare. Ed è per questo motivo che il personaggio femminile parla come se fosse il regista e (per non farsi mancare niente) allo stesso tempo il personaggio maschile diventa il contradditorio. Il risultato? Una sorta di lotta di coscienza interiore, controversa e contraddittoria, nella quale il linguaggio triviale subentra (a tratti) in modo disturbante, risultando fuori luogo. Una domanda viene spontanea: ma la provocazione dov’è? Non esiste (perlomeno in questa versione censurata) perché il sesso è solo il mezzo con cui Von Trier vuole raccontarsi e chiudere definitivamente la trilogia della depressione, che ha come ideali primi due episodi il brutale Antichrist (2009) e il pittorico Melancholia (2011).

Cosa, invece, provoca perplessità? La scelta di utilizzare i dialoghi come banco di difesa nel dibattimento sul suo presunto antisemitismo, la probabile dissociazione dalla versione destinata alla sale (all’inizio del film campeggia una scritta che recita che il regista ha approvato la versione censurata, ma non l’ha realizzata) e la scelta di girare il capitolo Delirium in b/n. Nei primi due casi ci si ritrova a sorridere. Diversamente rispetto alla volontà di cambiare completamente registro cromatico ci si interroga. Probabilmente la risposta si può trovare nell’autocompiacimento, nel voler mostrare di essere in grado di rendersi profondamente espressivo in bianco e nero. Tuttavia questa prova di “forza” non serviva ed è alquanto incomprensibile.

In conclusione si può affermare che Nymph()maniac vol.1 è un esempio di profondità espressiva, una pellicola che riflette sulla sessualità, che non si erge a baluardo del libertinaggio, ma piuttosto si rivela molto più “morale” di quanto in realtà possa apparire. Il film è un percorso alla ricerca dell’armonia (intellettuale e sessuale), un prodotto nel quale il dolly è l’“arma” e l’opprimente macchina da presa uno strumento, che cattura primi piani appagati, disperati oppure, solamente, glaciali.

Uscita al cinema: 3 aprile 2014

Voto: ***


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