Magazine Cinema

Nymphomaniac

Da Egosistema

Inutile.

 

Nymphomaniac, il film scandalo di Lars Von Tiers, e’ scandalosamente inutile. Effettivamente non e’ neanche scandaloso che sia inutile: Von Tiers ci ha abituati ad opere inutili. Come il mondo ci ha abituati al sesso esibito dei ai corpi mercificati, sezionati, inquadrati, vouyerizzati, venduti: niente di scandaloso nell’ennesimo film porno-soft. Del resto il Nymphomaniac e’ anche molto meno porno di quanto molti temevano, e di quanto molti di piu’ avrebbero sperato; gli va concesso che e’, probabilmente, il film con la maggior presenza in scena di peni della storia del cinema non hardcore: il che e’ quanto di piu’ lontano da un vanto si possa immaginare (specie una lunga sequenza di foto di peni – anche un secondo sarebbe stato troppo-  primi piani di vari organi sessuali maschili di diversa provenienza etnica e dimensione, e’ particolarmente ributtevole da un punto di vista maschile e ferocemente eterosessuale).

 

cast nymphomaniac

il cast

 

E per certo lo scopo di LVT (Lars, non Vuitton) non era scandalizzare ed indignare con questa sovrabbondanza di nudita’ e ridondanza di atti espliciti: il suo scopo (come in ogni suo lavoro) e’ sparare a caso, e chiamare bersaglio qualsiasi cosa colpisca. A volte colpisce bene (Antichrist, Melancholia), molto piu’ spesso i suoi colpi si perdono nel nulla (Nymphomaniac, Dogville). Del resto le sue pallottole sono sempre cio’ che circonda le sue opere, e mai le sue opere; a volte, sono le sue apologie di nazismo (Cannes, 2011) ad essere raffiche di mitra sulla stanca morale del pubblico, e quelle sono la sola cosa per cui verra’ ricordato negli anni a venire. O come il piu’ grande advertiser del movie business: di certo, non come regista. Anche in questo caso, il contorno e’ stato piu’ attraente della portata principale: un eccezionale trailer forniva (lievi) speranze, un attesissimo film le ha disattese (tutte).

Il film comincia con la protagonista femminile Joe (Charlotte Gainsbourg, as usual) semi-svenuta a seguito di un pestaggio, sotto la pioggia, riversa in un vicolo. Seligman (Stellan Skarsgård), rincasando, la trova, lei rifiuta la sua proposta di chiamare ambulanza/polizia, ma accetta una tazza di the’+latte, va a casa sua a prenderla, si lava, si mette a letto, e comincia a raccontare la sua storia. Racconta la storia erotica di una donna che si è autodiagnosticata ninfomane, in 8 capitoli da zero a 50 anni. Mentre lui, lui le parla di pesca.

Lo fa per 4 ore, divise in due capitoli. Non disperate, e’ solo la versione ridotta e censurata: per chi davvero ama LVT e’ in arrivo la versione da 6 ore, con tutte le scene rimosse da questa edizione: scene hard ovviamente – peni, piu’ che altro. LVT si e’ dichiarato contrario a questo abuso preteso dalla sua casa di produzione; LVT ha approvato la versione ridotta, e lo afferma nei titoli di coda e nelle note di stampa. Respect.

Cio’ che le 4/6 ore svelano sui protagonisti e sulla storia, e’ banale e sconcentartemente piatto, eppure non noioso. E’ un orgia ridicola, ma non ripetitiva, caotica e brutta, con lo spirito radicale/punk di Dogville, ma senza la brillantezza drammatica di Melancholia. Volendo trovarci dei superficiali contenuti o significati o messaggi o tutte quelle cose stupide e triviali che il pubblico ed i critici cercano in una pellicola, questo’ un film contro l’amore e la fedelta’, che deteriora la gioia del sesso. Ma anche senza amore e fedelta’, la ninfomania di Joe non porta Joe all’ estasi, ne’ la misticismo, o almeno catarsi, ma solo all’insensibilita’ ed al dolore poi (dolore fisico masochista). Allora e’ un opera contro il sesso. E contro l’amore. E’ un opera contro. E’ un opera contro il cinema. O non e’ niente e niente vuole essere: vuole solo la vostra attenzione, perche’ la cura per la atavica depressione di LVT e’ l’autocelebrazione, e qualcuno dei vostri soldi. E’ sesso tantrico, inutile come il sesso tantrico.

C’e’ la condanno dell’amore, che e’ dire si quando si pensa no, e dire “sorry” quando non ce ne frega niente – checklist: gia’ visto. C’e’ razzismo, il protagonista e’ ebreo, e’ buono, e’ saggio, e’ colto, e’ anti-sionista (non anti-semita) – gia’ visto. C’e’ rifiuto di terapia: visto! C’e’ rifiuto delle figure genitoriale: visto! Ed in generale, c’e’ un costante messaggio che sostiene che il rifiuto dell’appagamento sessuale immediato conduce ad un apatia monastica che nega la vita – visto, visto, visto.

Di visto c’e’ anche tantissimo sesso, ma senza la voglia di girarlo. Atti meccanici e pneumatici, assenti, senza pathos ne’ ardore, ne’ tantomeno ardire. Non c’e’ metafisica dei corpi, ne’ mistero, ne’ brivido ne’ complicazione. LVT scappa proprio dalla nozione di piacere che cerca di proporre. Volete sesso degno di essere filmato? guardate Shame, di Steve McQueen, quello di “12 anni nero”, o “Blue is the warmest color”. In Nymphomaniac le scene di sesso sono girate in maniera casuale e senza sforzi o impegno, come tutto il resto del film. Tranne quando il sesso si fa S/M, nel Volume II, ed allora LVT e’ preso, coinvolto, interessato, presente: si esalta ed eccita visibilmente nel girare scene di violenza e sangue: la ricerca del piacere sfocia sempre nella ricerca del dolore, e LVT ne e’ partecipe e convinto e ne gode. Ed in questa sezione del film che narra la relazione sadomasochista di Joe con K. (Jamie Bell) non e’ piu’ Joe a dominare la scena, ma K. ne diventa il focus, e la sua meticolosa dedizione virile e veemente nell’amministrare dolore e’ la sola cosa che dona piacere visuale al regista, che filma queste scene con una verve, una passione, ed un’eccitazione che manca a tutto il resto del film. LVT ama punire butalamente Joe perche’ da casuale oggetto di piacere di migliaia di uomini, si e’ trasformata in una donna che cerca ‘l’ingrediente segreto del sesso” nell’amore. Scontato. Noia.

Nonostante cio’ LVT cerca di mascherare la sua essenza disseminando il film di stantia retorica femminista e di rivendicazione di liberta’ femminile: sino a che quella liberta’ sia solo liberta’ di costante disponibilita’ libertina per l’edonismo dell’uomo, che non lascia alla donna il permesso di seguire nient’altro, se c’e’ un uomo con tale bisogno da soddisfare. Queste superficiali fantasie di LVT vengono adornate di pseudo intellettualita’ incarnata dalla figura di Seligman, al fine di fornire spessore a qualcosa che e’ troppo sottile per meritare la pellicola. Una collezione di fronzoli e cianfrusaglie culturali prese direttamente da Wikipedia, che spaziono dalla storia romana, a Bach, alla sequenza di Fibonacci, alla storia della religione, alla politica, sempre ammiccando disperatamente alla pop-culture arcana ma mai raggiungendola. I prevedibili pasticci psicofilosofici su come mangiare un dolce (ebreo) con forchetta da dolce o con le mani, o quello su quali unghie di quale mano tagliare per prime, equivalgono alla profondita’ mistica del vedere Gesu’ nei fondi di una tazzina di caffe’ (americano).

Ci sono anche momenti di ironia, a volte di comicita’ (oltre a quella involontaria) – e la scena in cui l’amante si trasferisce a casa di Joe, subito dopo seguito da moglie  figli e’ molto ben riuscita e piacevole. A parte cio’, non c’e’ niente, se non l’abilita’ di LVT come storyteller, che e’ un altro aspetto del suo piacere. LVT sarebbe un incontenibile regista, se la sue energia non fosse stata tutta deviata al suo bisogno di sfogo. Sarebbe un brillante retore, se non confezionasse la sua retorica in ottica di un manifesto che e’ il suo pubblico che cerca trasgressione nella mera quantita’ di sesso ed in discorsi che cercano cosi’ sfacciatamente di essere intellettuali da finire nell’essere patetici ed imbarazzanti.

Non per niente la metofora della pesca con la mosca scorre lungo tutto il film: la pesca con un manufatto artigianale che imita la vita, e che, ingannando il pesce, lo prende al suo amo.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :