Avete mai visto il film di Luigi Comencini Pane, amore e fantasia, con Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida? C’è un personaggio che si chiama don Vincenzino, interpretato da Nino Vingelli, è di Sorrento come il donnaiuolo maresciallo Antonio Carotenuto e di professione fa ‘o pannazzaro, ossia il venditore ambulante di panni, figura diffusa nell’ambito napoletano così come nell’intero Mezzogiorno.
Il pannazzaro, mestiere un tempo molto più diffuso di adesso, era un uomo che andava in giro per le strade delle città o dei paesi recando con sé la propria merce, che poteva consistere in semplici stracci o anche vestiti, biancheria, lenzuola, coperte, asciugamani, stoffe più o meno pregiate, tutto a seconda del “tipo” di pannazzaro, cioè a seconda delle sue stesse condizioni economiche: un venditore più benestante poteva vendere merce migliore a clienti che potevano spendere di più, per spostarsi usava mezzi a motore, mentre quelli che si arrangiavano camminavano a piedi trasportando i panni in un grosso lenzuolo annodato o, se era di livello, possiamo dire, intermedio, poteva disporre di un asino o di un mulo.
Al pannazzaro si poteva pagare la merce tutta e subito, ma il servizio migliore e più ricercato che offriva era quello di poter pagare la merce acquistata a rate, settimanali o mensili, in modo tale da poter spalmare nel tempo spese che altrimenti non si potevano sostenere, quali ad esempio quelle per il corredo nuziale delle ragazze, una collezione che i genitori di queste cominciavano a predisporre sin dalla loro più tenera età. Non dimentichiamo, infatti, che le donne fino ad alcuni decenni or sono si maritavano molto presto, e la preparazione di un buon corredo necessitava di un certo numero di anni. I prezzi di solito erano patteggiati, così come la somma della rata da corrispondere di volta in volta, anche se in linea generale ogni pannazzaro aveva un proprio cachet, come detto, settimanale o mensile.
Successivamente, con il boom economico, il pannazzaro ha cominciato a girare in automobile e molti hanno aperto un negozio, approfittando sia una maggiore disponibilità di denaro propria e degli acquirenti, sia dello sviluppo urbano di centri piccoli e grandi, sopravvivendo solo in determinate zone o in casi sporadici, come ai giorni nostri. Con la maggiore emancipazione delle donne, inoltre, anche a queste ultime si è “aperta la professione”, le pannazzare sono diventate parte integrante della vita familiare, poiché a differenza degli uomini, secondo le regole del buon costume, queste potevano entrare nelle case nonostante l’assenza del padre di famiglia, e allora si fermavano a chiacchierare e prendere una tazzina di caffè.