[Ogni riferimento a persone esistenti e a fatti realmente accaduti è puramente casuale]
C’è ancora chi ripone notevoli speranze nelle nuove generazioni. Ciò non è un male, ma spesso tali speranze non sono ben riposte.
Quando, per un “si” di troppo, ci si ritrova ad assistere ad uno spettacolo di dubbio gusto definito “Concorso di bellezza”, capisci che l’umanità continua, imperturbabilmente, il suo percorso di antropogenesi ma al contrario.
Comincia la sfilata e la serie di domande standard: “Perché hai partecipato a questo concorso? Cosa sogni di fare da grande?”.
Risposte: A) “Ho partecipato perché è una bella esperienza”; B) ” Mi piacerebbe fare la modella o la fotomodella o l’indossatrice di abiti”; C) “Che posso dire…ehm…”. E poi il silenzio imbarazzato dei presentatori.
È evidente la totale mancanza di abitudine all’uso del linguaggio e della lingua italiana in particolare. D’altra parte sono state istruite per bene alla manicure piuttosto che alla grammatica.
Tornano dietro le quinte per cambiarsi: è il turno della sfilata in abito da sera. Si crea un’atmosfera da Circo Orfei, con tante Moire addobbate da abat- jour, con le madri arpie intente a controllare che sia tutto a posto, ad aggiustare elastici di mutanda storti e capelli fuori posto.
Le concorrenti non sono particolarmente belle, non sono particolarmente magre, tranne qualche evidente caso di anoressia e/o sifilide adolescenziale, sono giovani, troppo giovani. E te ne rendi conto quando ti parlano del fatto che un giorno prima stavano ancora giocando con le Barbie.
In giuria c’è un collaboratore della De Filippi, da subito assediato per tentare di raccomandare una Jennifer o una Jessica. C’è anche il comandante della Guardia Costiera che benedice la serata e sbava su quella carne fresca. Il Presidente della televisione che riprende e organizza l’evento ringrazia per “l’affettuosità che di anno in anno si moltiplica”.
Quando viene proclamata la vincitrice scoppia l’ira delle madri, il pianto isterico delle perdenti e la tristezza nell’assistere a questo spettacolo grottesco, le cui protagoniste sono il prodotto di una società che ha reso commerciabile non solo gli oggetti, ma i corpi e le anime di queste ragazze, colpevoli di essere sì un po’ zoccole, ma strumenti nelle mani di genitori arrivisti e senza scrupoli.
*trad: <<Oh quanta apparente meraviglia, disse, ma non ha cervello!>> [ "Vulpes ad personam tragicam", Fedro, Fabulae - Liber I,7]