Lorenzo Esposito Fornasari, Eraldo Bernocchi e Balázs Pándi tornano a colpire sotto l’emblema del demone muta-forma Obake. la quarta zampa della creatura è oggi rappresentata da Colin Edwin, già noto per essere bassista dei Porcupine Tree, per quella che è una line-up impressionante quanto a coesione e forza d’urto. Mutations, tanto vale sottolinearlo subito, rappresenta un ulteriore passo in avanti e l’evoluzione di una formula che già aveva saputo imporsi: la scrittura si è fatta ancora più fluida, i brani colpiscono e si imprimono sin dal primo ascolto (grazie anche al groove che li permea), il riffing preciso eppure mai freddo s’interfaccia con una base ritmica dinamica e al contempo capace di asfaltare, la voce duttile di Fornasari passa attraverso differenti approcci, senza per questo spezzare la sinuosità di un disco che possiede una cifra stilistica personale, con cui sarà bene confrontarsi per comprendere una delle possibili vie evolutive del linguaggio nel nuovo millennio. Laddove, molto spesso, il futuro del genere sembra relegato a nicchie e scene sotterranee (si pensi a certo black o alle commistioni con il postcore), con gli Obake sembra essere in atto un tentativo di costruire un metal a sé, libero dagli steccati di un sottobosco specifico e capace di riunire insieme nomi e spunti all’apparenza distanti, a tratti posti addirittura ben fuori dall’idea stessa di estremismo (si pensi a un brano come “Burnt Down”). È tutto il disco a dipingere in modo convincente un’idea di metal in cui gli elementi chiave del genere, distorsione, drumming incisivo, vocals potenti, energia ora compressa ora lasciata libera di esplodere, vengono dissezionati e ri-assemblati con un gusto che sembra contenere in sé i segni dell’eresia e proprio per questo ancor più convincente. Uno degli ascolti obbligatori di questo 2014 in chiusura e un manuale di istruzioni per l’uso dedicato a coloro che sembrano perdersi in un concetto di progresso limitato all’utilizzo di un immaginario da Blade Runner e di suoni dopati, perché gli Obake vanno a lavorare sullo stesso dna dei brani e creano una vera e propria rivoluzione genetica. Fatti, non pugnette.
Tracklist
01. Seven Rotten Globes
02. Seth Light
03. Transfiguration
04. Thanatos
05. Second Death Of Foreg
06. Burnt Down
07. M
08. Infinite Chain