Fonte: La Stampa
«Basta lamentele e piagnistei, è ora di mettersi in marcia»: Barack Obama striglia i leader afroamericani riuniti in un hotel vicino a Capitol Hill nella serata annuale del Congressional Black Caucus composto da tutti i neri eletti al Congresso.
L’affondo del presidente si spiega con le polemiche dell’ultimo mese, che hanno visto i deputati afroamericani criticarlo come mai avvenuto dall’insediamento alla Casa Bianca. Emanuel Cleaver, deputato democratico del Missouri, lo ha accusato di «aver dimenticato le comunità nere» nelle leggi sugli stimoli per l’economia «anche se fra noi c’è una disoccupazione del 16,7 per cento», ben superiore alla media nazionale del 9,1. «Se Bill Clinton avesse fatto qualcosa del genere avremmo marciato sulla Casa Bianca» ha aggiunto Cleaver, interpretando uno stato d’animo molto diffuso che spiega perché, secondo Gallup, la popolarità di Obama fra gli afroamericani è scesa dal 97 del 2008 all’84 per cento. Maxine Waters deputato democratico della California (inquisita per un caso di conflitto di interessi), si è spinta fino ad imputare a Obama di aver disegnato il percorso del tour in pullman di metà agosto nel Midwest «in modo da evitare le comunità afroamericane» andando a parlare solo ai bianchi*. È un’onda di scontento che preoccupa il partito democratico perché senza una massiccia affluenza degli afroamericani alle urne nel 2012 Obama potrebbe perdere Stati considerati in bilico come Virginia, North Carolina e Florida. Il campanello d’allarme è suonato già nel novembre del 2010 quando in occasione del voto di Midterm appena il 40 per cento degli afroamericani andò alle urne rispetto al 65 per cento del 2008. Da qui la scelta del presidente di sfruttare la platea di oltre tremila leader neri convenuti a Washington per ribattere alle accuse, rilanciando in avanti il «sogno di cambiare l’America». «So bene che molti di voi sono scoraggiati, sono commenti che sento spesso perché in troppi sono stati colpiti dalla crisi e in troppi non sanno cosa fare ogni giorno» esordisce il presidente, svelando però subito l’intenzione di andare al contrattacco delle critiche: «Basta piangere e lamentarsi, toglietevi le pantofole e mettetevi piuttosto le scarpe adatte a marciare» per partecipare alla «battaglia per i posti di lavoro e le opportunità». Il riferimento alle «scarpe da marcia» evoca il linguaggio di Martin Luther King, il leader delle proteste per i diritti civili che trasformò le manifestazioni pacifiche di massa in uno strumento vincente di pressione politica sul Congresso. È la stessa mobilitazione della quale Obama ha bisogno per portare in massa gli afroamericani alle urne alle elezioni del 2012 e tentare di fronteggiare così la perdita di consensi nel ceto medio bianco. «Scuotetevi, è il momento di mettersi in cammino, c’è molto da fare» conclude Obama coperto da un crescendo di applausi che gli conferma il sostegno dell’establishment afroamericano. Resta tuttavia da vedere se gli elettori neri risponderanno con pari entusiasmo. A correre in sostegno del presidente arriva Morgan Freeman, il popolare attore di Hollywood premiato con l’Oscar, che dagli schermi della Cnn lancia il tema del razzismo nel mezzo della campagna elettorale: accusa i repubblicani del Tea Party di «voler a tutti i costi cacciare Obama dalla Casa Bianca solo perché è nero».
*Il motivo eccolo qui
Che dire? Le chiacchiere stanno a zero perche’ i “fatti” stanno a zero e quindi si continua ad utilizzare la “carta razziale” come spauracchio. La risposta alle accuse di razzismo lanciate da Freeman al Tea Party arriva puntuale da uno dei candidati Repubblicani vicini al Tea Party, uno dei favoriti alle elezioni presidenziali del 2012: l’afro-americano Herman Cain
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