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Report e Foto Gallery a cura di Alessia ManciniArticolo già apparso sul portale Rome by Wild:
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Dopo due anni di assenza torna nella capitale una delle band storiche del death metal: gli Obituary, accompagnati, in quest’occasione, da tre validissime band del panorama romano: Mutant Safari, Southern Drinkstruction ed Eyeconoclast. Un terzetto omogeneo, per una serata improntata al massacro sonoro.A scaldare gli animi dei – per ora – pochi presenti, spetta ai Mutant Safari, nati da poco più di un anno ma già molto attivi in sede live anche al seguito di band di un certo spessore, vedi Natron, Brutal Truth, SRL e Obituary in un paio di date. Lo show ruota intorno ai pezzi che faranno parte del primo disco, che vedrà la luce in autunno (in lavorazione presso i Kick Recording Studio):Intro/P.O.A. Better Dead, Sherlock Worms, Million Dollar Grinder, Oh My Darling Panzergrind.I nostri sanno sfruttare bene il poco tempo a loro disposizione, sconvolgendoci con un metalcore/grindcore dal sound corposo e potente, caratterizzato da un susseguirsi di ritmiche martellanti e ossessive (merito di Andrea Pro, già dietro le pelli dei Sudden Death), riff taglienti e frequenti cambi tempo alternati a passaggi più soft e melodici. Una nota di merito va anche al frontman Lorenzo Scaramella, che sa destreggiarsi con disinvoltura tra scream e growl.Dopo un veloce cambio palco è il turno dei Southern Drinkstruction che col loro sfrenato e godereccio death ‘n’ roll, dalle irriverenti liriche alcoliche, sono una garanzia dell’underground romano. Lo show privilegia l’ultimo disco Drunk till Death dal quale sono estratte: Drink Whiskey Make Justice, Evil Skies, On Your Knees, Dirty Sanchez, The Man With No Name, senza però tralasciare il primo EP con The Cursed Track e Suck Duck Truck Fuck anche se la vera sorpresa è la cover finale di I Stole Your Love dei Kiss. Energici, grezzi e taglienti come ci hanno abituato, riescono a scatenare il delirio sotto il palco, potendo contare su un vasto consenso conquistato in anni di live in tutta Italia al seguito di band di primo piano (Crowbar, Entombed, God Dethroned, Infernal Poetry, Stormlord…). Anche stavolta la loro esibizione scorre veloce lasciando un pubblico visibilmente soddisfatto.E’ giunto il momento degli Eyeconoclast, tra i gruppi di punta del panorama thrash/death nostrano, che ci propongono una setlist incentrata principalmente sul secondo e ultimo discoDrones Of The Awakening (uscito lo scorso anno per la Prosthetic Records): Anoxic Waters,Proclaiming from Dead Dimensions, Hallucinating in Generic Disarray, Rise of the Orgamechanism, Sharpening Our Blades on Mainstream mentre la opener Hexadecimate è estratta dal primo discoUnassigned Death Chapter. Attivi da più di dieci anni, la loro esperienza si fa sentire e si confermano anche stavolta una vera e propria macchina da guerra, dando vita ad uno show aggressivo e travolgente che riesce ad entusiasmare i presenti nonostante il poco tempo a disposizione e la penalizzazione dei suoni, dal momento che tutte le band di supporto hanno pochissime tracce sul mixer in favore degli headliner. Ma la professionalità di una band si vede soprattutto in questi momenti: lo show si mantiene su un livello tecnico piuttosto alto tra riff thrash, passaggi più melodici, un cantato graffiante e brutale ed una sezione ritmica che non risparmia infernali blast-beats. Promossi a pieni voti, nella speranza di poterli rivedere presto nella capitale con l’attenzione dovuta.E’ finalmente arrivato il momento tanto atteso e un Traffic stracolmo, come non si vedeva da tempo, accoglie l’entrata in scena del quintetto floridiano: gli Obituary
La band non si fa pregare nell’aggredire il pubblico col suo violentissimo death, partendo subito a mille con con Stinkupuss egenerando sin da subito il totale headbanging, oltre ad un forte aumento della densità umana che rende ancor di più l’atmosfera al limite della sopportazione fisica. La setlist soddisfa soprattutto i nostalgici, andando a pescare prevalentemente dai primi tre album: Bloodsoaked, Gates to Hell, Chopped in Half, Turned Inside Out, Body Bag, Back to One, Killing Time, The End Complete, Dead Silence, I’m in Pain, riproposte con una rabbia e una convinzione mai sopite. Non mancano degli inediti (Violence, Visions in my Head, Inked In Blood), che dimostrano come il tempo non abbia scalfito la loro grinta; soprattutto John Tardy è in ottima forma e il suo growl viscerale è impeccabile. I suoni sono devastanti come da copione e la maestria tecnica è quella cui ci hanno abituato.Il finale spetta nientemeno che all’acclamatissima Slowly we Rot, che non ha certo bisogno di presentazioni e che trasforma la platea sotto il palco in una vorticosa bolgia infernale.
Acclamati da urla selvagge e applausi gli Obituary salutano lanciando plettri e gli spettatori, soddisfatti quanto lividi e contusi, hanno potuto ricomporsi.
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