OBLIVION (Usa 2013)

Se escludiamo il peraltro magnifico cameo in Tropic Thunder, non andavo al cinema a vedere un film con Tom Cruise dai tempi, credo, di Leoni per agnelli, del 2007. E già all’epoca erano due anni che non accadeva, cioè da quando non avevo visto La guerra dei mondi. Perché? Perché Tom Cruise è un pessimo attore, una pessima persona, un pessimo esempio da seguire e un cretino. Mangia anche con la bocca aperta (probabilmente), e se fosse italiano direbbe cose tipo “Mussolini non era poi così male, solo che bla bla bla”.
È viscerale l’antipatia che provo nei confronti di quest’uomo, un miracolato (se lavorare con Spielberg, De Palma, Kubrick, Stone e Scorsese pur essendo un interprete mediocre non è un miracolo…) che, ingrato nei confronti di un destino tanto benevolo, ha deciso di trasformare la sua vita nella parodia di una cazzata. Per non parlare del suo straripante narcisismo: in tutti i film che interpreta è l’eroe, il figo, il mito, il genio, la figura centrale attorno a cui ruotano le sorti dell’universo. Non fa eccezione Oblivion, diretto da quel Joseph Kosinski che tre anni or sono fu artefice dell’inutile Tron – Legacy.
Perché allora sono andato a vedere questo film? Semplice: mi ci hanno convinto, complice una gelida serata di primavera in cui non c’era poi molto da combinare. E meno male che l’amico in questione (il convincitore) mi ha poi spiegato il senso della pellicola, ché, a essere proprio sincero, io non ci avevo capito un’emerita mazza – e a essere ancora più sincero qualche dubbio tuttora ce l’ho.
Complicatissima storia di fantascienza che vede protagonista un essere umano (Jack Harper, interpretato da Lui-In-Persona) incaricato di aggiustare droni sulla Terra, nel frattempo invasa dagli alieni e resa inabitabile dalla guerra nucleare con essi ingaggiata, Oblivion, devo comunque ammettere, non è poi così male. Anzi, se come protagonista fosse stato scelto un altro attore (Christian Bale? Bruce Willis?) il mio personalissimo giudizio sarebbe discretamente positivo. Certo, un bel film è un’altra cosa, persino un bel film post-apocalittico è un’altra cosa, ma, al netto dei troppi e troppo evidenti rimandi ad altri film del genere (citazionismo spinto o scarsa originalità?), questa pellicola si fa apprezzare per il ritmo incalzante, per i sofisticati effetti speciali, per la presenza del sempiterno Morgan Freeman e per alcune svolte narrative discretamente inaspettate. Valore aggiunto: la bellezza di Olga Kurylenko – ma c’è anche la ben più espressiva Andrea Riseborough, vista recentemente nell’interessante Shadow Dancer.
Alberto Gallo