Magazine Diario personale

Oblomov , goncarov

Da Silvy56

OBLOMOV , GONCAROV “Tutto questo eterno correre, questo eterno gioco di miserabili passioncelle, specialmente quelle che mirano all’interesse, a sopraffarsi l’un l’altro; le chiacchiere, le maldicenze, i dispetti, quel modo di misurarsi da capo a piedi. Ad ascoltare quello che la gente dice, vengono le vertigini, c’è da istupidirsi. A vederli, sembrano tutti intelligenti, persone piene di dignità, e non senti altro che “A quello hanno dato questo, quest’altro ha avuto un appalto”. “Ma per quale ragione, di grazia?” grida un terzo. “Tizio ieri sera si è rovinato al gioco, al club; Sempronio ha guadagnato trecentomila rubli!” Non è che noia, noia e ancora noia!…Dov’è l’uomo, in tutto questo? Dov’è finita la sua dignità? Dove si è nascosto? Come mai si è abbassato a tal punto?…. …E la nostra migliore gioventù che fa? Non dorme, forse, ballando, passeggiando, scorazzando per il viale Nevsky? Il loro è un continuo, vuoto passare di giorni. Ma con quale superbia e con quale indicibile dignità, con che sguardo di riprovazione guardano chi non è vestito come loro, chi non ha i loro nomi e i loro titoli! E s’illudono, quei disgraziati, di stare al di sopra della gran massa. E quando si riuniscono tra di loro, litigano e si ubriacano come selvaggi. E queste sarebbero persone vive, che non dormono? Ma non soltanto i giovani. Guarda gli adulti. Si invitano, si offrono l’un l’altro da mangiare senza cordialità, senza bontà, senza reciproca simpatia! Si riuniscono per un pranzo, per una serata, come se andassero all’ufficio, freddamente, senza allegria, per fare sfoggio del proprio cuoco, della propria casa, per ridere poi l’uno dell’altro e farsi lo sgambetto. L’altro giorno, a pranzo, non sapevo dove guardare, avrei voluto nascondermi, mi sarei cacciato sotto la tavola, quando han cominciato a massacrare la reputazione degli assenti: quello era stupido, quell’altro vile, il terzo un ladro, il quarto ridicolo! Non si salvava nessuno. E mentre dicevano queste cose si guardavano con certi occhi, come per dire:”Fa tanto che l’uscio si richiuda alle tue spalle, e ti faremo lo stesso servizio!” Perchè si riuniscono se si giudicano così? Perchè si stringono la mano? Non hanno mai uno scoppio sincero di risa, una simpatia schietta! Cercano di attirare loro chi abbia un grado elevato, un nome sonante: “Ho avuto ospite il tale, sono stato dal talaltro”. Si vantano poi. Ma che vita è questa? Non me ne faccio proprio nulla, la rifiuto. Che ci posso imparare? Cosa ci posso ricavare?… …Nessuno ha uno sguardo limpido e sereno. Tutti s’infettano l’un l’altro con la loro preoccupazione dolorosa, con la loro pena; tutti cercano sempre morbosamente qualcosa. E magari cercassero la verità, il bene per sè e per gli altri: no, impallidiscono per il successo di un amico. Uno ha una preoccupazione: domani deve recarsi in tribunale, la sua faccenda si trascina ormai da quattro anni, la parte avversa ha la meglio, e quello, per cinque anni, non ha che un pensiero, un desiderio in testa: far lo sgambetto all’altro e costruire l’edificio del proprio benessere sulla sua rovina. Per cinque anni va, siede, sospira nelle anticamere: ecco l’ideale, lo scopo della vita! Un altro ancora si tormenta perchè è condannato ad andare ogni giorno in ufficio e a restarvi fino alle cinque; un terzo sospira profondamente perchè una simile grazia non ha… …Ecco, per esempio, quel signore giallo con gli occhiali non mi dava pace: voleva sapere se avevo letto il discorso di non so quale deputato, e ha spalancato tanto d’occhi quando gli ho detto che io non leggo giornali. Si è messo a parlare di Luigi Filippo come se parlasse di suo padre. Poi mi si è attaccato di nuovo per sapere la mia opinione sulle ragioni per cui l’ambasciatore francese ha lasciato Roma. Ma com’è possibile condannarsi per tutta la vita ad assimilare le notizie quotidiane che arrivano da tutto il mondo e a gridarle per una settimana fino a perdere il fiato? Oggi Mehmet Alì ha mandato una nave a Costantinopoli, ed eccolo a rompersi la testa: perchè? Domani Don Carlos subisce uno scacco, e per lui è una preoccupazione terribile. Là scavano un canale, qui mandano un distaccamento in Oriente, scoppia un attrito: ecco che si altera, corre, grida, come se l’aggredito fosse lui. Ragionano, prevedono, tirano conclusioni a destra e a sinistra, e in fondo, si annoiano, nulla li interessa, al di là delle loro grida è un imperturbabile sonno. Tutte queste faccende, in realtà, restano loro estranee, è come se andassero in giro con in testa il cappello di un altro. Non hanno nulla da fare ed ecco che si slanciano di qua e di là senza una direzione da seguire: sotto tanta universalità si cela il vuoto, una reale mancanza di interessi. Ma scegliersi una modesta via di lavoro e seguirla fino a scavare un solco profondo, questo è noioso e faticoso,; per questo, sapere tutto non giova, non si può buttare polvere negli occhi degli altri!”

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