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Occhi negli occhi (di Massimo Giei)

Da Villa Telesio
Occhi negli occhi (di Massimo Giei)

© 2008-2011 - Nezhinomas (deviantART)

E quanto correvo. Ero giovane vabbè, forse la paura, ma si, tutto sarà stato paura, ma correvo. E averceli adesso 19 anni. E quello mi inseguiva e io correvo correvo. Erano i ‘distinti’. Non un 3 settembre qualsiasi di un anno venti dieci, no. Io corro e corro e supero tanta gente, e supero anche Nicola e devo avere lo sguardo del terrore e pure Nicola non è che fosse troppo allegro. ‘Quello voleva prendere proprio te, mica noi’. E quello correva e supera Nicola e niente, niente di niente. Quello seguiva a me.

Ed era veloce. Io correvo in preda allo spavento e però ridevo, ridevo pure. Felice come se tutti quegli sguardi, quelle parole non dette, quei baci non dati, tutto quello che avrei voluto accadesse ma che non era ancora accaduto, accadesse, lì e in quel momento.

Ma come era nato tutto?

C’erano casini un po’ dappertutto. Dalla curva avevamo scavalcato nei distinti. Come arrivo all’ingresso, entrando per i distinti, giù manganellate. Era il pane domenicale, allora. Saltavo da un lato all’altro, correvo correvo. Saltavo le radici dei pini, stavo molto attento, erano pericolosissime. Quante volte mi avevano fregato, sin da bambino. Ma insomma le manganellate me le sono prese, ma devo aver detto qualcosa. Ma se ne dicono tante di cose. Epperò, correvo e ridevo e avevo paura. Questo mi uccide.

‘Andatevene!’ ‘Sbirri di merda’. Non basta.

Corro e felice e impaurito, felice dei miei manco vent’anni e di un’estate in arrivo, di tanti amici e voglia di libertà, impaurito di qualcosa di molto grosso che si poteva abbattere su di me. E intanto ero vicino all’uscita, se la prendevo, con tutto che dovevo curvare alla massima velocità, ero salvo. Quello non sarebbe mai uscito. E intanto superavo tutti. Davanti a me era un fuggi fuggi generale, e lui li superava tutti, ma voleva me. Era il mio celerino personale.

‘Vaffanculoooooooooo’ Sbirro di merda.

Non basta. Me l’aveva giurata quello, era un fatto di leone e gazzella stavolta. Ero la gazzella. Ma che gazzella, correvo correvo.

Adesso curvo, faccio per prendere l’uscita, ma  lo sento alle mie spalle , mi respira addosso, parte col manganello, lo indirizza sul piede, vuole farmi cadere a terra per finirmi. Non so come, salto , allungo la zampa, e lui mi ha perso, perso per sempre o per questa volta, mi giro e lo guardo, cazzo, da dietro le sbarre, in mezzo alla folla che lo insulta e lui guarda solo me. Io sto in silenzio e non capisco. Tutti hanno la divisa uguale, non ci trovo un uomo dietro quella divisa. Ma poi, poi, incrocio il suo sguardo, lo riconosco. E tutto questo per uno sguardo di una ragazza.


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