È facile prevedere la reazione della maggior parte delle persone nel sentire la parola teashades per la prima volta. Sopracciglia aggrottate, espressione confusa, la vaga impressione che l’interlocutore stia parlando di qualcosa che ha a che fare con il tè. “Massì, gli occhiali di John Lennon! Non li conosci?”.
A quel punto il volto dell’individuo si illumina e l’espressione si distende, l’immagine degli occhialetti piccoli e tondi ben impressa nella mente.
Molto probabilmente non si tratta di un fan di Lennon. Conosce qualche canzone dei Beatles, canticchia Imagine perchè è un evergreen, ma la sua relazione con il cantante inglese finisce qui. Eppure gli occhiali, quegli occhiali, li conosce bene. E li associa ad una figura sbiadita, poco chiara, che impallidisce dietro alla forza del suo simbolo: gli occhiali. I teashades.
Si può dire che sia il fenomeno del costume, lo stesso che rende riconoscibili i Kiss anche a chi non ha mai sentito I was made for lovin’ you (per chi volesse rimediare, ecco il link), lo stesso che fa di David Bowie un artista immensamente conosciuto, non solo per la musica. Quello che, in un mondo che si nutre di immagini, rende un artista una vera e propria icona, che non si limita a far emozionare con la propria arte, ma che suscita ammirazione, detta le mode e i codici di intere generazioni. In questo caso, attraverso un paio di occhiali.
I TEASHADES
È scorretto affermare che i teashades siano nati negli anni ’60. I suoi estimatori si contano già prima di questo periodo. Uno su tutti, lo scrittore irlandese James Joyce (in questo caso i suoi erano occhiali da vista). È vero però che proprio negli anni ’60 si colloca la loro crescita ed esplosione; è in questo periodo che si diffondono, inizialmente (o così viene raccontato) per nascondere le occhiaie causate dal consumo di droga; in questo modo prendono piede nella controcultura dell’epoca e cominciano ad essere indossati da un numero sempre maggiore di persone. John Lennon utilizza per la prima volta gli occhiali teashades durante le riprese del film How I won the war, tratto dall’omonimo romanzo di Patrick Ryan. Un’immagine del film appare sulla copertina del primo numero di una neonata rivista musicale, nel novembre del 1967. La rivista si chiama Rolling Stone.
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Il fatto di essere indossati da una delle icone dell’epoca, venerato non solo per la sua musica ma anche per l’ideologia da lui rappresentata, porta gli occhiali teashades a raggiungere velocemente un’immensa popolarità tra chiunque si voglia reputare parte di una corrente musicale e di pensiero vicina a quella dell’artista inglese, che si accinge ad essere sempre di più un’icona globale rappresentante di una posizione forte e ben chiara nel panorama dell’opinione pubblica dell’epoca. Nei decenni successivi sono molti i musicisti che utilizzano i teashades. Ozzy Osbourne, in particolare, comincia ad essere accostato frequentemente a questo tipo di occhiali, tanto che anche la sua immagine si può considerare strettamente legata alle vicende dei teashades. A distinguere Lennon e Osbourne, la sfumatura delle lenti: entrambi vendono ritratti spesso con indosso un paio di occhiali dalle classiche lenti nere, ma mentre il paio preferito di Lennon monta lenti arancioni (colore che secondo il Feng Shui favorirebbe l’ispirazione), Osbourne pare preferire il viola chiaro.
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I RAY-BAN
I Ray-Ban sono probabilmente gli occhiali più iconici della storia. Ormai diffusissimi anche tra la gente comune, nascono negli anni ’30 del Novecento per il mondo militare: i piloti aerei americani, infatti, spesso lamentavano dolori causati dalla luce solare durante e in seguito al volo. Si decise dunque di creare degli occhiali da sole che risolvessero il problema proteggendo gli occhi degli aviatori. Successivamente, nel 1937, Ray-Ban decide di non limitarsi al mercato militare e propone al grande pubblico il modello Aviator, sviluppato inizialmente con una montatura in plastica, poi con quella in metallo che tutti conosciamo. Questo nuovo modello di occhiali riscuote sin dall’inizio grande successo, grazie al fascino che lo stile militare esercita sugli americani negli gli anni ’40. È però negli anni ’50, grazie allo splendore di Hollywood, che i Ray-Ban (e soprattutto il nuovo modello Wayfarer) esplodono e raggiungono vette di popolarità che mai nessun occhiale aveva toccato. Una parte del merito va di certo a James Dean, che nel 1955 li indossa nel film Rebel without a cause. I Ray-Ban coprono gli occhi, tra gli altri, di Marilyn Monroe e del politico John F. Kennedy. Diventano il simbolo dell’America degli anni d’oro, quella che ha successo e che viene osannata dal resto del globo. Negli anni successivi anche il mondo della musica comincia ad amare questi occhiali: un esempio è Bob Dylan, che si nascondeva dietro un paio di Wayfarer neri. Alla moda dei Ray-Ban si accosta la mania di utilizzarlo anche all’interno: Michael Jackson indossa un paio di Aviator per ritirare gli otto premi vinti all’edizione dei Grammys del 1984, a Los Angeles. E verso la fine degli anni ’80, quando i Guns N’ Roses esplodono con il loro rock furioso, è difficile vedere il cantante Axl Rose e il chitarrista Slash senza indosso il loro paio di occhiali. In particolare, i Ray-Ban diventano, assieme alla tuba, il trade mark di Slash, tanto che ancora oggi raramente lo si vede senza le lenti a coprigli una parte del viso, circondato dalla ben nota massa di capelli ricci. È di poche settimane fa l’intervista durante la quale il chitarrista afferma di portarli non solo perchè parte del “personaggio Slash”, ma anche per sopperire alla propria timidezza. Che sia vero o meno, è indubitabile il fascino che questo accessorio ha esercitato e continua ad esercitare su generazioni di rockers.
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