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Derna è una cittadina costiera della Cirenaica di 100 mila abitanti, che è entrata da una mesata nell’orbita del Califfato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi. La striscia di Mediterraneo che la divide dalla Sicilia, è larga poco più di 800 chilometri – per intenderci, Roma-Palermo, in macchina, sono 925. La presenza dell’IS a Derna, è il frutto di un piano di rafforzamento e di espansione che esce direttamente dai territori siro-iracheni in mano al Califfo, i cui uomini (per lo più appartenenti alla brigata al-Battar, interamente libica) hanno atteso con pazienza il momento propizio per prendere il controllo del territorio.
Secondo vecchi report, si trovavano lì da questa primavera: erano circa 800 miliziani (ora probabilmente sono molti di più, rimpinguati nel tempo da fascinazione e propaganda). L'inazione della Comunità internazionale sulle vicende libiche, ha coinvolto pure la situazione di Derna, magari con la speranza che tutto rimanesse contingentato. Ma così sembra non andare: è noto che tra le milizie “Alba della Libia” che combattono per il governo di Tripoli contro quello di Tobruk, ci siano varie fazioni che hanno dichiarato giuramento al Califfo.
(Inciso, per chi se lo fosse perso. La Libia è praticamente spaccata in due: a ovest c'è un governo tendenzialmente islamista che combatte contro quello confinato a Tobruk, a est, che è ciò che resta del governo regolare e “laico”: questo è quello più legittimato all'estero, soprattutto tra la comunità araba del Golfo e dall'Egitto, e con cui si schierano le forze dell'Operazione Dignità guidate dal generale Haftar.
Un caos mastodontico, che rappresenta il perfetto terreno per l'attecchimento delle istanze jihadiste dell'IS; come in Siria d'altronde, o come in Yemen e via dicendo).
L'ascesa dei gruppi jihadisti all'interno di questa nuova guerra civile libica, è un dato preoccupante. Il fatto che martedì sia stata attaccata la capitale Tripoli, con l'assaltato (facile) dell'albergo più rappresentativo e protetto, l'Hotel Corinthia – considerato da sempre luogo d'elezione per ospitare le delegazioni straniere – fa riflettere sulla sicurezza del Paese, tutto il Paese, e di conseguenza sull'impotenza dell'autorità libiche, sia quelle più laiche sia quelle più islamiche, di contenere la minaccia terroristica.
Non più tardi di sabato mattina, Ali Tarhouni, sessantatreenne ex ministro delle Finanze e del petrolio nel Consiglio nazionale di transizione e, dall'aprile 2014, presidente dell'Assemblea costituente della Libia che si sta occupando di stendere una prima bozza di Costituzione, aveva avvisato: i guerriglieri dell'IS si sono insediati nella regione di Bengasi (Libia dell'est) e si stanno spostando verso Sirte e Misurata (città costiere più centrali). Se fosse definitivamente confermato il coinvolgimento di cellule dello Stato Islamico nell'attacco dell'hotel Corinthia, allora significherebbe che lo Stato Islamico ha uomini pure nella capitale. Ma, ancora peggio, secondo Tarhouni, truppe di jihadisti avrebbero occupato Sabrata e i porti di Zawiyha e Zuara, da dove si concentrano le partenze dei migranti diretti a Lampedusa, Sicilia e Malta.
Sicuramente un politico navigato come il presidente della Costituente libica, ha calcato la mano, con il fine di suscitare preoccupazione e conseguente interesse in Europa: ma non è follia pensare che lo Stato Islamico possa, espandendosi tra le macerie dello stato libico, allungare i propri interessi al “mercato dei migranti”, magari utilizzandolo come vettore per colpire in Europa – è allarmistico, forse sì, ma non è sicuramente uno scenario senza senso.
L'ombra del Califfato non s'è certo affacciata in Libia tutta in un botto. Già da un anno Derna non è più un pezzo di territorio libico. Dall'estate scorsa – ma la conferma dell'intelligence americana è arrivato solo a fine anno – si è a conoscenza della presenza di alcuni campi di addestramento jihadisti. Già diversi mesi fa, alcune delle milizie che sostengono il governo di Tripoli, avevano fatto sapere di condividere la “visione” proposta da Khalifa Ibrahim. D'altronde, il legame di Derna con il mondo del jihad, è storico. Quando nel 2007 gli americani scoprirono in Iraq i “Sinjar records” (set di documenti in cui erano registrati nome e credenziali di molti dei vecchi foreign fighters dello Stato islamico in Iraq, il prodromo dell'attuale IS), scoprirono che la maggioranza relativa dei combattenti arrivava proprio da questa città costiera della Cirenaica.
Adesso Derna è il fulcro della Wilayat di Barqa, ovvero della provincia della Cirenaica: La brigata al-Battar, i libici rientrati dalla Siria, ha scacciato le forza filo-qaediste di Abu Salem. Il capo del sistema sharitico imposto sulla città, è uno yemenita che ha combattuto nel territorio siriano e che risponde al nome di battaglia di Abu al Baraa al-Azdi. Il regista della conquista, però non è stato lui, ma un altro uomo del Califfo, ancora più fidato: si chiama Abu Nabil al-Anbari, almeno secondo quanto detto alla CNN da Norman Benotman, ex jihadista libico, pentito, oggi analista anti-terrorismo della Quillam Foundation. Anbari sarebbe stato mandato dal Califfo in persona, per organizzare la presa di Derna – e magari, poi, della Libia intera, un territorio che dista oltre 1600 chilometri dal Califfato.
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