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Tra occupazione, disoccupazione e fuga dei talenti: gli ultimi giorni sono stati segnati, in Italia, da un focus molto forte sul tema giovani.
Il premier Enrico Letta ha promesso di farne un cavallo di battaglia al Consiglio Europeo di giugno, per varare un piano comunitario per l’occupazione giovanile. Il proposito è buono, ma sappia -il neopremier- che di piani mai davvero realizzati è piena la storia recente d’Europa. L’ultimo in ordine cronologico è stato il celebre “piano per la crescita”, varato in pompa magna lo scorso anno per bilanciare le nuove tenaglie del rigore volute dalla Germania. Sulla carta era un piano straordinario, in grado di mobilitare fino a 120 miliardi di euro. In realtà si trattatva quasi solamente di fumo negli occhi: la stragrande maggioranza di quei fondi riguardavano denaro già stanziato o mobilitato. Attenzione a non creare aspettative spropositate: occorre puntare su progetti in grado di fare davvero la differenza.
Comunque sia, che si faccia qualcosa a livello europeo per i giovani è realmente importante: Letta avrà dalla sua pure l’ormai imminente aprovazione della Youth Guarantee europea, che prevede di fornire ad ogni giovane un’occasione di impiego o formazione entro quattro mesi dalla fine di un lavoro o di un ciclo di studi. I soldi in questo caso ci sono, ma occorre che ciascuno Stato membro implementi questa normativa con efficacia.
Sul fronte disoccupazione, invece, gli ultimi dati non lasciano intravedere nulla di buono, con i giovani senza lavoro ormai al 38,4%. 635mila i 15-24enni senza impiego, cui sommare gli inattivi, ovviamente. Basti ricordare che i nostri 15-24enni presentano il tasso di occupazione più basso tra i grandi Paesi dell’Eurozona (19,4%), lontano anni-luce dal 48% tedesco. Anche nella fascia successiva (25-29 anni) siamo 14 punti sotto la media comunitaria, con un magro 58,8% di occupati.
Si conferma anche il binomio di penalizzazione più elevata: giovani/donne. Proprio le donne hanno visto calare il loro tasso di occupazione di altre 70mila unità.
Fa bene il neopremier a mettere questo tema in cima alla lista di emergenze: se qualcosa non si sblocca a breve, il rischio di una generazione perduta si fa enorme, con ricadute sul sistema produttivo e pensionistico devastanti… Basti citare il Commissario Europeo all’Occupazione Laszlo Andor: “la disoccupazione giovanile in Europa può avere conseguenze potenzialmente disastrose, specialmente se prolungata, perché i giovani non restano fuori solo dal lavoro, ma anche dalla società“.
Disoccupazione e mancanza di opportunità producono inevitabilmente la fuga all’estero. Su questo vi segnaliamo due interessanti ricerche:
-la prima, di Eurostat, rivela che nel 2012 gli italiani erano terzi in classifica per numero di connazionali al lavoro in un altro Paese europeo. 676mila emigrati nell’UE-27. Siamo terzi dietro i rumeni (un milione e 212mila) e polacchi (un milione). Interessante leggere la classifica al contrario (numero di lavoratori dell’UE-27 sul territorio nazionale): anche qui l’Italia è terza (769mila lavoratori europei), ma stavolta dietro la Germania (un milione e 600mila) e la Gran Bretagna (un milione e 400mila). Bruxelles ha diffuso questi dati, a corredo di un’interessante proposta per creare punti di contatto nazionali che forniscano informazioni, assistenza e consulenza, affinché migranti e datori di lavoro siano meglio informati dei loro diritti. Obiettivo: avere nuove regole entro il prossimo anno.
-la seconda, anticipazione di una ricerca Istud pubblicata sul quotidiano “La Stampa”, rivela che sono Canada, Germania e Australia, oggi, i mercati del lavoro più attrattivi per i giovani. I settori più gettonati sono -per il Canada- energia, finanza, turismo, trasporti; per l’Australia metalli preziosi, turismo, terziario avanzato; per la Polonia automotive, meccanica di precisione, finanza; per la Turchia meccanica di precisione, elettrodomestici, industria mercantile, cantieristica, turismo; per la Germania meccanica, chimica industriale, auto, energie rinnovabili, Itc; per la Cina tessile, meccanica, industria estrattiva, energie, Itc; per la Malaysia finanza e turismo; per la Corea del sud Itc, elettronica di consumo e cantieristica. La ricerca, che sarà presentata in autunno, conferma un identikit dei nostri giovani laureati, rappresentati come molto più pragmatici e aperti verso le opportunità all’estero, rispetto a quanto certi stereotipi divulgati sui mass media lasciano pensare.
Il mondo si muove, a velocità inimmaginabili. Si modernizza, si innova, cambia, molto più rapidamente di quanto non sia avvenuto nel secolo scorso. Solo quei Paesi che intercetteranno questo cambiamento usciranno vincenti da questa fase di radicale trsformazione. Sarà dunque un mix di innovazione a accaparramento dei migliori talenti a decretare le nuove potenze mondiali del futuro.
L’Italia non potrà esimersi dal confronto. Superando ogni resistenza, ogni residuo di rendita di posizione, ogni chiusura all’esterno… Facciamo un piccolo esempio di questa piccola Italia provinciale. Con una storia che la rappreseta perfettamente: qualche giorno fa “La Repubblica Milano” ha scritto dell’ultima guerra condotta dai potenti tassisti meneghini. Vittima la piattaforma Uber, arrivata dagli USA, che permette -in poco tempo- di avere noleggiatori di auto a disposizione per i propri movimenti in città, attraverso una App. I costi sono di poco superiori a quelli di una normale corsa in taxi. Proprio i taxi sono ora sul piede di guerra, accusando Uber di concorrenza sleale (!)
Il mondo è cambiato, ragazzi. E’ finito il tempo dei privilegi e dei blocchi stradali in tutta Italia contro le liberalizzazioni. There’s no way back.
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