Octubre

Creato il 25 giugno 2013 da Eraserhead
Esempio di cinema intimo, asciutto al punto giusto, che non alza mai i toni in favore di un andamento sottotraccia venato però da un’ironia preziosa, che pizzica il tragicomico nell’inquadrare con pochi (ma sufficienti) dati il vivere di Clemente, strozzino che di punto in bianco si trova ad avere grattacapi ben più importanti dei prestiti non restituiti: una culla con dentro un neonato è un discreto problema, soprattutto se compare dal nulla sul tavolo di casa. Il film, che rappresenta l’esordio dei fratelli Vega Vidal, prima di fornire un ritratto dell’uomo, parla allo spettatore del Perù, e gli dice con leggerezza che la situazione non è propriamente rosea perché il pianeta denaro muove innumerevoli satelliti, tutti poveri cristi ma soprattutto tutti poveri in canna (gli abiti, le abitazioni, le automobili: sembra che in Perù siano cinquant’anni indietro rispetto all’Europa!). E Clemente è parte integrante dell’ingranaggio monetario, dipendente dai soldi non solo per il “lavoro” che fa, ma anche perché è grazie ad essi che si concede l’unico strappo alla regola di un’esistenza austera (le puntatine al bordello). La pellicola infilza questo sostrato con un dardo ben acuminato, una variabile propedeutica a tanti piccoli smottamenti che, come da impostazione, agiscono sotto la superficie e danno il la a situazioni intriganti che i due registi gestiscono più che bene.
Il meccanismo che elimina la solitudine dal vocabolario di Clemente è il muro portante del film e, almeno per il sottoscritto, anche il meglio realizzato, questo perché è sempre bello vedere delle persone nei personaggi, e in Octubre (2010) tutti coloro che calcano la scena (anche le comparse) fanno armoniosamente parte dell’ecosistema filmico. Non ci sono stonature quindi, e nello spartito generale spicca l’interpretazione super misurata di Bruno Odar che conferisce una burbera bonarietà a Clemente, da qui scattano le varie dinamiche con le sempre più numerose presenze all’interno dell’appartamento spartano in un saporito susseguirsi di scenette che hanno proprio quei tempi e quei modi giusti; summa del ridicolo il compleanno del protagonista, una di quelle scene che inevitabilmente finiscono sulla locandina.
Evidentemente esiste una sottaciuta corrente latina che attraverso un cinema essenziale, privo di ornamenti superflui, descrive le debolezze dell’anima. Si tratta di pellicole veramente ridotte all’osso tra cui possiamo citare Whisky (2004), La influencia (2007), Leap Year (2010) e in parte La mosquitera (2010), modelli di storie accomunate da uno stuolo di caratteristiche (l’insistenza nel fornire il più possibile una descrizione dell’uomo immerso nella sua quotidianità; la meticolosa raffigurazione dell’ambiente casalingo; l’emarginazione emotiva, sentimentale e personale dei singoli soggetti; le increspature malinconiche che erigono un ponte empatico con chi guarda). Octubre si aggiunge con discrezione all’elenco, lo fa senza far rumore, senza che ci si accorga della sua presenza. Quando la semplicità riesce ad arrivare al cuore delle cose.

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