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Ora Tim ha compiuto 21 anni ed è appena uscito dall'ospedale psichiatrico dove è stato rinchiuso una decina d'anni fin dai tempi dell'omicidio da lui commesso.
Kaylie è convinta della sua innocenza : crede che tutto sia stato cagionato da uno specchio maledetto che il padre comprò appena prima che succedessero tutti i fatti e facendo alcune ricerche scopre che anche i precedenti proprietari dello specchio hanno fatto tutti una brutta fine.
Ora , grazie al suo lavoro in una casa d'aste è riuscita a ritrovarlo.
E ha poco tempo per dimostrare assieme a Tim quello che pensa sia accaduto...
Oculus è l'entrata nel mondo del cinema che conta, o meglio di quella parte in cui girano abbastanza soldini, da parte del giovane Mike Flanagan, un regista che già mi aveva fatto notare il suo talento nel genere in quella piccola perla di Absentia, del 2011( se interessasse a qualcuno ne abbiamo già parlato qui ), un horror ultra low budget, girato con 70 mila dollari, pare, che regalava corposi brividi lungo la schiena.
Con Oculus Flanagan accede a un budget più importante, 5 milioncini di dollari, ma sempre piuttosto esiguo di fronte alle produzioni hollywoodiane standard e cerca di non lasciare nulla al caso.
In un certo senso sceglie anche di non rischiare dilatando ad oltre 100 minuti un suo corto del 2006 di 32 minuti ( che non ho visto) intitolato Oculus : Chapter 3 - The man with the plan.
E in fondo c'è anche da capirlo: ha per la prima volta un po' di soldini a disposizione e cerca di addentrarsi in un terreno che conosce già.
Questo fatto del budget a mio parere condiziona anche un po' il talento registico di Flanagan, sempre accecante in parecchie sequenze di Oculus ma che viene mostrato un po' troppo ad intermittenza.
E qui forse torniamo al peccato originale alla base di questo film: non è mai facile dilatare un corto di 32 minuti, portarlo a 104 minuti ( durata ragguardevole comunque per un horror) senza accusare scompensi di alcun tipo.
Purtroppo Oculus non ne è immune: per tutta la prima parte sembra andare avanti col freno a mano tirato e ha quelle pause che sanno di riempitivo, lungaggini che affliggono l'80 % degli horror contemporanei.
Per uno che non conosce il film poi la sinossi non è così attraente: traumi familiari, specchi maledetti, case infestate, un continuo alternarsi tra Poltergeist, The Conjuring e Paranormal Activity ( ancora lui, il bastardo), insomma l'armamentario del perfetto horror plastificato fai-da -te che impera nelle sale cinematografiche di tutto il mondo.
E qui è necessario non essere superficiali perché se è vero che Flanagan si immerge praticamente fino al collo in una materia narrativa piuttosto abusata, lo fa mettendo al servizio della storia tutto il suo talento registico.
Che è tanta roba.
La seconda parte in cui Oculus entra finalmente nel vivo è un continuo andirivieni temporale con sequenze ad alto tasso acrobatico che esplorano quel limbo tra il vedere e il credere di vedere che crea una suspense che si taglia col coltello.
Ed emerge anche la passione di Flanagan per le dimensioni parallele alternative alla realtà : in fondo si parlava di questo in Absentia.
Se si va a sostituire il tunnel di quel film allo specchio di Oculus , il discorso non cambia poi di tanto.
Da segnalare anche il ritorno della tematica dell'affetto fraterno: qui un fratello e una sorella , in Absentia due sorelle, che è il propulsore principale del film.
A differenza di tanti altri suoi esimi colleghi specializzati in horror e affini , Flanagan delinea questo rapporto con finezza e una delicatezza rari da reperire anche in produzioni che esulino dal genere de paura.
Oculus è un film in cui non tutto funziona per il verso giusto ma ha la caratteristica di crescere col passare dei minuti per non sgonfiarsi nel finale come succede a molti altri esponenti del genere.
E non è poco .
( VOTO : 7 / 10 )
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