
Assistiamo interdetti dal bagnasciuga a due manovre economiche nel giro di venti giorni. La prima tanto per farla, manco ce n’era bisogno. La seconda perché se non la facciamo andiamo tutti a fare il bagno in Grecia, ma non nell’acqua: tutti lì a pregare di non fare l’onda. E forse l’onda è già venuta. Assistiamo inebetiti ai proclami di Bossi in una lingua sempre più incomprensibile, ai proclami dei maroniani in una lingua comprensibile ma con difficoltà di comprensione del ragionamento. Assistiamo allo scannamento mediatico tra il Premier e il superministro ta-dah. Vediamo stupefatti i vertici franco-tedeschi senza foto con corna del nostro, tanto lui sta a casetta sua, a curare l’orticello.
In tutto questo dimentichiamo che non più di quindici giorni fa si face approvare una legge salvaterga denominata “processo lungo” che sarebbe il contrario del processo breve ma la sostanza non cambia. Dimentichiamo che per lunghissimi interminabili anni di leggi salvaterga ne abbiamo viste a iosa e le abbiamo masticate e digerite per giungere in fine a questo sfacelo che si sarebbe potuto evitare solo limitando il numero delle salvaterga appunto.
E dimentichiamo anche la poca poca qualità dell’opposizione che ha consentito tutto questo. Parte dei nostri paladini, di noi che c’eravamo sì accorti della china pericolosa che stavamo prendendo ma che confidavamo dell’arguzia e nell’intelligenza dei nostri eletti che, invece, colpevolmente si grattavano per tutto il tempo, ha meschinamente atteso invano la fine dell’epoca del ghe pensi mi per morte naturale salvo poi notare distrattamente che la cancrena stava ammazzando tutto il corpo. Altra parte era complice del misfatto fin dall’inizio e non poteva parlare se non per qualche doverosa esternazione facente parte dei patti. Poi c’erano i nuovi, quelli che dovevano destabilizzare, ma che poi facevano (fanno) pagare il biglietto al comizio.
Intelligenza politica, solo per fare un esempio: chi ha avuto la geniale idea di far pagare un’altra tassa-multa-vendetta allo squallido evasore che ha riportato i suoi soldi maleodoranti grazie allo scudo fiscale? Boh? Fatto sta che la cosa non si può fare. Più facile sarebbe cercare volontari per prendere gli scudisti a calci nel sedere per i prossimi dieci anni una volta ogni dieci minuti. Ma multarli di nuovo non si può. Dovrebbero saperlo loro che sono quelli che fanno le leggi.
E allora incazziamoci coi calciatori che non vogliono dare la loro solidarietà. Dibattiamo sulle province che non ci saranno più ma forse ci saranno ancora. Consoliamoci col Palio di Siena dove cadono quattro cavalli, le immagini mostrano almeno una bestia immobile a terra ma il Tg ci dice che non s’è fatto male nessuno. Divertiamoci col toro spagnolo idolo delle folle per avere incornato chissà quanti matador matati a loro volta per la gioia del nostro atavico istinto alla vendetta. E dimentichiamoci i problemi, la crisi, la borsa. Perché poi le ferie stanno per finire, e anche se quest’anno non ci sono stati ingorghi perché non c’era nessuno lungo le autostrade, tra qualche giorno si tornerà al lavoro, almeno quelli che un lavoro ce l’hanno. E ci ritroveremo il TFR in busta paga frantumato in tredici rate, stratassato e forse fagocitato dal datore di lavoro in crisi che ci dirà il classico o così o pomì (= a spasso). E a spasso ci si andrà più facilmente per l’estensione degli accordi di Pomigliano (telavevodettoio). E chi mangerà il panettone in questo duemilaundici troverà un duemiladodici fantastico, più o meno come l’avevano descritto i Maya.
Luca Craia





