Le peripezie di un gruppo di turisti nell’isola cantata da Omero
PARTE UNO
Andare in vacanza a Corfù sembrava a tutti una buonissima idea. E quando dico tutti non uso un aggettivo a caso, perché mi riferisco a un bel gruppo di venti persone, compreso un certo numero di bambini scalmanati e adolescenti annoiati. Corfù rispondeva in pieno alle nostre esigenze. I bambini avrebbero giocato e fatto mare. Erano tanti, è vero. Sei per la precisione, di età variabile tra i quattro e i nove anni. Ma in quegli anni novanta i miei amici ed io sostenevamo la teoria che un’alta concentrazione di bambini che stessero tra di loro fosse un fatto positivo. Consentiva a noi, cosiddetti grandi, di svolgere tranquilli le nostre attività vacanziere: tornei di calcio, racchettoni, pallavolo, olimpiadi da spiaggia, escursioni in canoa, partite di biliardino al tramonto e partite di carte alla sera e altre attività particolarmente adulte.
Così affidiamo l’organizzazione all’amico più volenteroso e già a metà luglio siamo muniti di: biglietti di andata e ritorno su traghetto, prenotazione di una villa vista mare tanto spaziosa da contenere tutto il nostro piccolo universo di varia umanità.
Il giorno della partenza le cose sembrano mettersi nel migliore dei modi. Il cielo è limpido, ma non fa troppo caldo, il viaggio per Brindisi tranquillo e senza traffico, i bambini sono scalmanati ma non troppo, gli adolescenti sono annoiati, ma lo sarebbero anche se rimanessero a Napoli e quindi nessuno se ne preoccupa. Io, poi, custodisco nella borsa un fax che ci è stato inviato direttamente da Corfù: la foto della famosa villa che ci aspetta, impaziente di accoglierci con tanto di giardino e camere panoramiche.
Arriviamo sull’isola e troviamo ad attenderci al porto due gentili operatori turistici che ci condurranno a destinazione. Siamo piuttosto stanchi per la notte di viaggio, ma rincuorati dall’accoglienza. I Feaci si sa, da quando mondo è mondo, sono noti ovunque per la loro ospitalità.
Le strade di Corfù, come tutte le strade greche, però, non sono il massimo. Curva dopo curva, tornante dopo tornante, raggiungiamo solo dopo un’ora la villa. Cerchiamo di essere ottimisti e fingiamo di non notare che il luogo è desolato, il mare lontano e melmoso. Insomma una situazione molto simile a quella che avremmo potuto trovare sul litorale domizio a non più di venti chilometri da Napoli. Ma siamo a Corfù, l’isola di Nausicaa, della principessa Sissi e siamo in vacanza. Cosa altro vogliamo di più? Purtroppo troveremo di lì a poco una cosa che vorremmo di più: che quella che ormai chiamiamo familiarmente la “nostra villa” fosse sul serio nostra, e non fosse stata affittata precedentemente a una famiglia di greci sovrappeso che ora la occupa e che non ha nessuna intenzione di andarsene.
Nel presunto giardino che circonda la dimora tanto contesa (e che si dimostra essere un cortilaccio polveroso) si dà vita a un vero e proprio duello degno di essere narrato da Omero: da una parte i simpatici operatori turistici consapevoli di stare facendo la figuraccia del secolo, dall’altra il più sovrappeso della famiglia di greci, che, forse in virtù della stazza, è stato eletto sul campo capogruppo e portavoce. Ma il duello si trasforma bel presto in epica battaglia a cui partecipano anche il proprietario della casa, responsabile dell’affitto estemporaneo, e i miei amici che urlano tutti in lingue varie, ma che nessuno sta a sentire perché il fulcro della discussione avviene in greco. Io, dal canto mio, affronto bellicosamente ora il proprietario ora l’affittuario abusivo sovrappeso brandendo il fax a mo’ di prova inconfutabile del nostro diritto a occupare la villa, ma non sortisco gli effetti desiderati perché nessuno mi prende in considerazione. Intanto i bambini scalmanati non ce la fanno più: devono andare in bagno. E mi spiace dirlo, battezzano un angolo del giardino con deiezioni varie, incoraggiati dagli adolescenti che lo considerano un sacrosanto sabotaggio.
Purtroppo la nostra compagine per quanto folta e determinata ha la peggio. Gli agenti ci confidano tristemente che quella non è altro che una vecchia usanza greca, che si affitti al primo che arriva senza dare troppa importanza alle prenotazioni. Io vorrei rispondere: «E perché non ce lo avete detto PRIMA!» ma non ne ho la forza. Sono sopraffatta dagli eventi, mi tiene su di morale solo il pensiero dei ricordini che i bambini hanno lasciato nel presunto giardino. Ma sono delusa, molto delusa. E Nausicaa? E Alcinoo? Sembra che gli abitanti dell’isola abbiamo perso col tempo sia la propensione a raddoppiare le vocali nei loro nomi, sia la loro antica rinomata ospitalità. Ma tali considerazioni linguistico-mitologiche appaiono a questo punto del tutto secondarie. Il vero problema è che ci ritroviamo tutti e venti catapultati nella drammatica situazione di turisti senzatetto. Cosa sarebbe successo della nostra tanto sospirata vacanza?
Continua…
Lady Madonna
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