Peter McCook ha un dono speciale, sa ascoltare l’inudibile e sa riportare in vita storie che altrimenti sarebbero andate perdute. In religioso silenzio lascia che gli oggetti nella sua bottega prendano vita, carpisce l’essenza delle loro vicissitudini e le racconta a Giulio, un ragazzo senese che si ritrova per caso nella bottega dello strambo personaggio in un pomeriggio di luglio. Giulio è così colpito dai modi di fare di Peter che inizia a frequentarlo assiduamente, pende dalle labbra dello scozzese e impara a sua volta quanto sia importante ascoltare anche le cose che sembrano non aver nulla da dire. Insieme a Giulio, comprendiamo che osservare il silenzio, imparando ad interrogarlo, può arricchire la noiosa vita di qualsiasi studente di lingue, riscopriamo il piacere di viaggiare nel tempo grazie ai racconti e soprattutto ci rendiamo conto che passare del tempo in una bottega di oggetti usati non è solo un’abitudine hipster. Oggetti usati da Peter McCook è un racconto che potrebbe essere definito “matrioska”, tante sono le storie che si susseguono in maniera leggera e scorrevole, e, nonostante i toni semplici e alle volte forse un po’ infantili, si riesce ad assaporare la magia fiabesca di Peter.
C’è solo una cosa che Peter non riesce a far capire a Giulio, che ascoltare è fondamentale, raccontare storie è necessario, ma ripetere ad alta voce la lezione al pesce rosso nell’ampolla è immorale.
Ludovica Cerini
Guglielmo Lorenzo, Tonino Abballe , Oggetti usati da Peter McCook, Edizione Servizi per il Cinema, 2013, p. 74