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Oggi ho vinto io!

Da Thefreak @TheFreak_ITA

Io ero lì. C’ero solo io con lei.
Roma era bollente. Bollente e completamente deserta. Non avevo mai immaginato Roma vuota . Sembra quasi un ossimoro, una contraddizione. Eppure era così. Era tutta per me, per noi . Alla radio passava “bocca di rosa” di de Andrè: ” alla stazione c’erano tutti dal commissario al sacrestano, alla stazione c’erano tutti, con gli occhi rossi e il cappello in mano…”. Cosa avevano in mano non sono riuscita a cantarlo. Avevo la bocca impastata, un sapore di catrame, denso, una saliva indeglutibile che filtrava tra i denti e cadeva giù sull’asfalto. Avete mai osservato le strade quando il sole è alto nel cielo ? Sembra un fiume nero pieno di tantissimi piccolissimi diamanti splendenti. Ho iniziato a nuotarci dentro, ogni bracciata era una tortura. Detriti di vetro mi graffiavano la pelle. Con una pinnata mi sono aggrappata all’ultimo metro che mi separava da un corpo immobile. Una boa bianca e rossa nel petrolio di quel fiume. Ho sputato quel boccone amaro e un nuovo sapore, salato, ha iniziato a invadermi il labbro superiore. Piangevo, piangevo perchè quella boa bianca era lei . La mia lei. Tanti tagli, troppi, spezzavano la pelle liscia e eburnea di quel corpo. Tante piccole branchie che dovevano aiutarla a sopravvivere, a respirare, in quel mare d’inchiostro in cui eravamo finite . E invece lei non si muoveva, non respirava attraverso quelle branchie ma continuava a perdere quello stesso catrame che sentivo ancora forte tra i denti, le gengive ,nel naso. Una figura sfocata e poi un’altra e un’altra ancora agitavano le braccia intorno a noi .Sembravano acclamarci. Parlavano tutte insieme, qualcosa tipo ” calmambulanzarriva” .Cosa volevano l’ho capito solo dopo . Ma allora no. Non ancora. Mi sono tirata su, sulle ginocchia,con l’aiuto di braccia sconosciute e ho iniziato a premere. A chiudere i tagli ma erano troppi. E allora ho abbracciato quel corpo. Sperando che smettesse di sanguinare, sperando che il peso delle mie braccia, delle mie gambe, del mio addome la facessero restare.Qui. A Roma. con 40 gradi. In quella strada nera.Qui. A Roma, in quel fiume sporco di vita e diamanti. Qui . A Roma. De Andrè alla radio .Qui.Con me.
L’abbracciavo come quando ero bambina, sentivo la porta aprirsi,mia sorella più grande che torna da scuola. Io sono dietro la tenda del salone con Puppy tra le mani. Puppy il mio orsacchiotto, il mio migliore e unico compagno di giochi nelle lunghe ore in cui mamma e papà lavoravano e mia sorella non c’era.Ero là dietro, respiravo piano per non farmi scoprire ma ero pronta. Se mia sorella mi avesse trovata e avesse voluto togliermi puppy (lo faceva sempre per dispetto), io ero pronta. Lo legavo tra le mi braccia e stringevo,forte, con le unghia. Avrei lottato,tirato morsi, dato calci. Mia sorella ci sarebbe riuscita a portarmelo via. Lo sapevo già ma speravo che per una volta ce l’avrei fatta a tenere Puppy con me. Per le cose a cui tieni, per le cose che ti rendono felice e che ti riempiono la giornata, che sono lì, quando non c’è nessuno e anche quando sei tu a non esserci; per una battaglia persa in partenza, quotata uno a mille sulla scala della vittoria, lo fai: lotti per quell’unica possibilità. Avrei corso più veloce, scavalcato quel gigante che mi bloccava la strada e avrei battuto mia sorella in quel gioco beffardo a cui mi costringeva, non sempre, spesso.
Credo di essere svenuta perchè quando ho riaperto gli occhi tutto quel nero, quella gente, il luccichio non c’erano più. Tra le mie braccia avevo tubicini e garze. E lei? Non ci ero riuscita a scavalcare il gigante? Mi ero distratta, avevo chiuso gli occhi, non avevo stretto abbastanza forse? Già sentivo il ghigno di mia sorella … E poi ho visto una mano, bloccata da altri tubicini, come i miei, che cercava di muoversi su e giù dall’altra parte della stanza.
Ho sorriso…

Oggi ho vinto io!


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